Beretta (presidente): «Con la prima campagna nazionale “Io non sono il mio tumore” lo scopo è raggiungere 100 mila adesioni per richiedere un provvedimento legislativo che permetterebbe ai pazienti di non essere più considerati malati oncologici dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica e dopo 10 anni in età adulta»
A pochi giorni dall’avvio della raccolta firme per la campagna nazionale “Io non sono il mio tumore” per il diritto all’oblio oncologico, sono già oltre 3717 coloro che hanno espresso il loro sostegno per richiedere una legge ad hoc e garantire ai cittadini guariti da un tumore, un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica. Una partenza col botto che in Fondazione AIOM (nata nel 2005 per avvicinare il mondo dell’oncologia ai pazienti e famigliari) è stata accolta con molta soddisfazione. «L’obiettivo è arrivare alle 100 mila adesioni nel più breve tempo possibile – commenta il presidente Giordano Beretta – per poi portarle al Presidente del Consiglio e chiedere l’approvazione della legge. È una battaglia di civiltà che tutti dobbiamo combattere uniti: forze politiche, cittadini e istituzioni».
Sono 3,6 milioni i cittadini che vivono con una diagnosi di tumore. Di questi il 27%, circa un milione, riesce a guarire, eppure per alcuni servizi risultano ancora malate e dunque impossibilitate ad accedervi. «Le difficoltà maggiori si riscontrano nell’avere un mutuo, nella stipula di una assicurazione sulla vita, nell’assunzione di un posto di lavoro e nell’adozione di un figlio – spiega il Presidente di AIOM -. Con la conseguenza che chi ha superato un tumore si trova ad essere discriminato».
La legge invece permetterebbe di non essere più considerati pazienti oncologici dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica e dopo 10 anni in età adulta. «Oggi, grazie all’innovazione dei percorsi terapeutici molti tumori vengono curati e altri possono essere cronicizzati – riprende Beretta – per questa ragione i pazienti che vivono anche a molti anni di distanza sono in aumento». Oggi le diverse neoplasie richiedono un tempo di guarigione diverso: per il cancro alla tiroide sono necessari almeno 5 anni dalla conclusione delle cure, per il melanoma e il tumore al colon meno di 10. Linfomi, mielomi, leucemie, tumori alla vescica e del rene ne richiedono 15. Alla mammella e alla prostata ne servono fino a 20. Dunque, occorre rivedere la legge con il riconoscimento del diritto all’oblio come condizione essenziale per il ritorno ad una vita dignitosa. «È necessario l’abbattimento del connubio cancro uguale morte che crea barriere insormontabili – prosegue il presidente di AIOM -. L’Italia deve seguire l’esempio di altri paesi europei che hanno emanato una legge che garantisce agli ex pazienti di non essere rappresentati dalla malattia».
Sul modello di Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo è partita dunque la campagna della Fondazione AIOM ed è nata la prima guida sul Diritto all’oblio oncologico. Si tratta di un portale web www.dirittoallobliotumori.org dove sono riportate le modalità per poter aderire alla campagna sia on line, che nei reparti di oncologia e nelle piazze, e dove vengono raccolte anche le storie di pazienti discriminati.
Proprio la voce dei pazienti è fondamentale in questa battaglia quindi l’appello di Fondazione AIOM è rivolto a tutti, oncologi, famigliari, caregiver, medici di famiglia e infermieri perché si mobilitino per il raggiungimento dell’obiettivo delle 100 mila firme. «La situazione in cui si trovano a vivere molti ex malati di cancro non è più accettabile – aggiunge Antonella Campana, vicepresidente di Fondazione AIOM e membro del coordinamento volontari di IncontraDonna -. Occorre una tutela dei diritti dei pazienti oncologici, e per farlo è indispensabile il riconoscimento giuridico di una guarigione dal tumore».
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