Nel DNA si una persona si potrebbero celare informazioni preziose sia sul rischio di sviluppare ansia che su quale sia il modo migliore per trattarla. Per questo un gruppo di ricercatori australiani del Queensland Institute Berghofer of Medical Research dell’Università del Queensland e del Brain and Mind Research Institute dell’Università di Sydney hanno lanciato uno studio che punta ad esaminare il profilo genetico delle persone con disturbo di ansia, comparandolo con persone che non ne soffrono. “Lo studio mira a comprendere di più cosa porta alcune persone a provare ansia, quali sono i fattori di rischio e anche come si possa trattare meglio l’ansia”, spiega la ricercatrice Sarah Medland dell’Università del Queensland.
“La causa esatta dell’ansia rimane incerta, ma sappiamo che vi contribuisce una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici”, aggiunge Medland. Lo studio intende raccogliere dati da circa 5000 australiani che hanno vissuto esperienze di ansia per aiutare a identificare i geni specifici che possono influenzare la condizione. Una seconda fase dello studio esplora l’uso di test farmacogenomici per cercare di prevedere risposte individuali a farmaci antidepressivi. Si stima che soffrano di ansia ogni anno 3,4 milioni di australiani di età fra 16 e 85 anni.
“Lo scopo dello studio Living with Anxiety (LwA) – dicono i ricercatori – è identificare specifici fattori di rischio genetici associati a differenze tra individui sia nel rischio di disturbi d’ansia che nella risposta al trattamento. Ci auguriamo che questa ricerca ci aiuti a saperne di più sui disturbi d’ansia e sui fattori che influenzano il motivo per cui vari trattamenti per i disturbi d’ansia hanno successo per alcune persone e non per altre”. L’obiettivo principale non è dunque decodificare i fattori di rischio genetici per l’ansia, ma piuttosto fornire approfondimenti pratici su quali fattori genetici o ambientali possono prevedere le risposte individuali (benefici o effetti collaterali) a interventi comuni.
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