Il convegno “Nutrients Beyond Nutrition” mette a fuoco il legame tra nutrizione e prognosi anche in fase di follow up
Prevenire l’insorgenza di tumori primari e ridurre l’incidenza di recidive aumentando la diffusione di modelli alimentari corretti. Su questo tema i nutrizionisti clinici si sono confrontati a Napoli, durante il 7° Convegno Nutrients Beyond Nutrition “Nutrients in cancer: think globally, act locally” organizzato dalla Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (SINuC).
Sorvegliato speciale è il sovrappeso, ma, come si evince da uno studio recentemente pubblicato su Nature Communications, il principale predittore del rischio di sviluppare una neoplasia è in particolare il grasso localizzato a livello addominale. Ben sette i tipi di cancro imputabili a questa causa: colon-retto, endometrio, esofago, cistifellea, pancreas e reni. Ma non solo. «La malnutrizione per eccesso (BMI <30) è stata additata come fattore di rischio per i tumori al seno positivi ai recettori ER nelle donne in post menopausa – spiega il professor Maurizio Muscaritoli, presidente SINuC – tuttavia un nuovo studio ha preso in esame donne con un BMI compreso tra 18 e 25. Ebbene – prosegue Muscaritoli – il dato sconcertante è che anche un aumento di soli 5 kg è stato associato ad un aumento del 35% del rischio e che quando la localizzazione era sul tronco il pericolo aumentava sino al 56% con particolare incidenza delle forme più invasive. Questo significa – continua il presidente SINuC – che dobbiamo estendere la nostra attenzione anche a forme di sovrappeso lieve e alla localizzazione del tessuto adiposo che funziona da vero e proprio trigger tumorale. L’obiettivo – conclude il presidente SINuc – è aumentare la awareness sui benefici del mantenimento del peso ideale per prevenire l’insorgenza dei tumori e, nel caso dei pazienti oncologici, per ridurre il rischio di recidive e sopportare al meglio le terapie».
Questo tipo di approccio, che intende favorire l’adozione di modelli alimentari virtuosi anche in fase di follow up delle pazienti affette da carcinoma mammario, è alla base di una vera e propria sperimentazione clinica avviata dal team della professoressa Patrizia Pasanisi presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: «Dal punto di vista clinico questa sperimentazione è mirata a ridurre l’incidenza di recidive, d’altro canto – spiega Pasanisi – questa correzione delle abitudini alimentari comporta una serie di benefici che riguardano, oltre al miglioramento di tutti i parametri antropometrici e metabolici, anche la qualità della vita in generale, aiutando le pazienti a sopportare meglio le terapie, soprattutto quelle ormonali, che comportano un’alterazione delle funzioni metaboliche. Attualmente – rivela la prof. Pasanisi – stiamo conducendo un trial con la metformina, un farmaco tradizionalmente usato per la cura del diabete di tipo 2, che agisce sulle vie di restrizione calorica migliorando l’assetto metabolico, fattore di rischio importante nello sviluppo di tutti i tumori solidi, tra cui quello mammario».
E proprio dai lipidi potrebbero scaturire nuove prospettive di cura per i tumori della mammella, come ha illustrato uno studio condotto dall’Università La Sapienza di Roma e supportato dalla Fondazione Umberto Veronesi: «Lo studio – spiega il professor Alessio Molfino, a capo del team di ricerca – ha evidenziato le differenze che ci sono nell’assorbimento del DHA alimentare in diversi tipi di tumore della mammella, cioè in pazienti che presentavano la mutazione genetica e in pazienti familiari e sporadiche. Dati interessanti – conclude Molfino – sono stati raccolti sulla capacità di metabolizzare questo acido grasso e produrre sostanze epossidi, che sembrano avere un effetto protettivo».