«Le abitudini alimentari sane devono essere una priorità nelle politiche sanitarie e dell’istruzione, strategia fondamentale per limitare le disuguaglianze e migliorare le condizioni di salute», lo dichiara il Presidente dell’Associazione Nazionale Dietisti
Carne, pesce, pasta, pizza e dolci in scena. Che sia cibo spazzatura al fast food o una cena gourmet al ristorante stellato oramai il cibo è diventato il protagonista del web. Scrollando la home di Facebook e di Instagram immagini di cibo e tutorial di cucina dominano online, tanto da originare la creazione di un neologismo ad hoc che rende bene l’idea del fenomeno: Foodporn.
«Ci troviamo oggi più che mai in un periodo in cui ovunque si parla di alimentazione, nutrizione e dietetica» spiega Marco Tonelli, Presidente dell’Associazione Nazionale Dietisti nel corso di un evento che si è svolto a Roma, alla presenza di esponenti di istituzioni sanitarie e società scientifiche, per sottolineare l’urgenza di riportare al centro del dibattito pubblico il tema della cultura alimentare. «Eppure – prosegue – sono 7 su 10 gli italiani con una scarsa alfabetizzazione alimentare». Questi i numeri ricavati da un’indagine realizzata da ANDID con l’Università di Messina, che ha analizzato il racconto del cibo sul web. Gli italiani, padri della dieta mediterranea, appaiono sempre più confusi e disorientati.
«Molto spesso infatti sul web ci si imbatte in informazioni non validate scientificamente – spiega il Presidente -. Può succedere che varie opinioni in materia vengano date da pseudo-professionisti o sedicenti tali che non hanno nessuna competenza e formazione per trattare temi di nutrizione e alimentazione. In questo senso il web è abbastanza dannoso, genera disordine e soprattutto disinformazione».
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Dallo studio ANDID emerge che il 70% degli italiani possiede una capacità limitata di pianificare e gestire le scelte alimentari (57,2% dei casi) e scegliere correttamente il cibo (66,8% dei casi). Inoltre, il 71,4% del campione dichiara una ridotta capacità di preparare e consumare gli alimenti e difficoltà nella comprensione degli effetti delle proprie scelte. La situazione più critica riguarda gli anziani con più di 68 anni, le persone con un più basso livello di istruzione, i disoccupati e, in generale, i soggetti meno abbienti, dati che sottolineano quanto la conoscenza del cibo problematica sia particolarmente comune tra le persone che soffrono di disuguaglianze sociali. Ad influire sono anche il genere e lo stato genitoriale: le donne mostrano di possedere, rispetto agli uomini, una maggiore attenzione alla scelta dei cibi e alla loro preparazione, capacità che aumenta ulteriormente nel loro ruolo di mamme.
«I dati emersi dallo studio – prosegue Tonelli – evidenziano la necessità che l’alimentazione torni ad essere una priorità nelle politiche sanitarie e dell’istruzione, strategia fondamentale per limitare le disuguaglianze e migliorare le condizioni di salute della popolazione, con ricadute positive anche sulla riduzione dei costi sociosanitari».
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Le istituzioni hanno un ruolo fondamentale «nel monitoraggio del rispetto dei ruoli – conclude il Presidente ANDID -. Diversamente si rischia di generare confusione, in uno scenario comunicativo già di per sé complesso e ipertrofico nei discorsi sul cibo, e di trasmettere una visione semplicistica della nutrizione e della dietetica, con ripercussioni negative sulla salute collettiva»