Rino Rappuoli, direttore scientifico del Biotecnopolo di Siena e coordinatore del Mad – Lab (Monoclonal Antibody Discovery) di Fondazione Toscana Life Sciences, punta i riflettori sull’aumento preoccupante dei battri resistenti agli antibiotici
«Ogni anno, nel mondo, le infezioni dovute a batteri resistenti agli antibiotici uccidono più della Tbc e dell’Aids messi insieme». A sottolinearlo è Rino Rappuoli, direttore scientifico del Biotecnopolo di Siena e coordinatore del Mad – Lab (Monoclonal Antibody Discovery) di Fondazione Toscana Life Sciences, al settimanale Panorama. «Si stima che, nel mondo, i morti per batteri resistenti – continua – siano cinque milioni l’anno, ed è una crescita inarrestabile. Se andiamo avanti così, per alcuni microrganismi presto non ci saranno più armi a disposizione».
La resistenza batterica dovrebbe farci molta paura, secondo l’esperto. Per il Covid, in tre anni, «le morti – almeno quelle accertate – sono state sei milioni, e il Sars-CoV-2 sta diminuendo il tasso di mortalità», ricorda Rappuoli. Secondo uno studio inglese, nel 2016, «se non si fa nulla per impedirlo, per il 2050 i morti per batteri resistenti supereranno quelle per cancro. E questo veniva detto quando le vittime erano 700mila l’anno». Oggi, tra le malattie che avanzano, «ci sono ceppi del tifo ormai impossibili da curare, dal Pakistan stanno viaggiando nel mondo e non ci si può fare niente, l’unico modo per fermarli è un vaccino. Durante la mia precedente esperienza al Gsk Vaccine Institute for Global Health di Siena ne abbiamo realizzato uno per il tifo oggi usato nel Nepal, per i bambini fino ai nove anni».
Oms e Cdc, i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, hanno fatto una lista dei batteri più temibili. «Tra quelli che ci preoccupano, oltre al tifo, c’è il gonococco: negli anni Quaranta era sensibile a quasi tutto, ora è rimasto un solo antibiotico efficace, se anche quello non funziona più abbiamo finito le terapie possibili. Un altro batterio molto resistente è lo staffilococco, ci sono casi ovunque, anche in Italia. E poi la famiglia degli enterobatteri, come la klebsiella, che abbiamo avuto a Pisa ma un po’ dappertutto, e lo pseudomonas».
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