Salute 6 Agosto 2021 17:11

Allattamento al seno, va garantito anche in caso di ricovero. Ecco come

L’interruzione dell’allattamento al seno nuoce alla salute di mamme e piccoli. Dal Gruppo di lavoro multiprofessionale coordinato dal Tavolo Tecnico Operativo interdisciplinare (TAS) del Ministero della Salute le linee di indirizzo per consentire alla madre di stare con il suo bambino in caso di ospedalizzazione e viceversa

di Isabella Faggiano

Ne percepisce l’odore, il sapore, il calore. Grazie all’immediato contatto pelle a pelle il rapporto del neonato con la propria madre, come durante la gestazione, continua anche dopo la recisione del cordone ombelicale. Un contatto che, man mano, s’intensifica grazie all’allattamento al seno, fonte di nutrizione e di difesa per il corpo del piccolo appena venuto al mondo. E cosa accade se a causa di una malattia, della madre o del bambino, questo legame naturale viene improvvisamente spezzato?

«Un ricovero, anche se di breve durata, può totalmente compromettere l’allattamento al seno», spiega Guglielmo Salvatori, responsabile dell’UO Educazione nutrizionale neonatale e Banca del Latte Umano Donato (Blud) dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. Per evitare che ciò accada, gli specialisti del Tavolo Tecnico Operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno (TAS) del Ministero della Salute hanno coordinato la redazione di una vera e propria road map dell’allattamento: “La continuità del rapporto madre-bambino e il mantenimento dell’allattamento in caso di ricovero ospedaliero”».

Hanno sottoscritto il documento, oltre al TAS, di cui lo stesso Salvatori è membro, molte Società Scientifiche, Ordini e Associazioni Professionali: Unicef, FNOMCeO, FIASO, ANMDO, SIP, SIN, ACP, SIMP, SIGO, SIMIT, FNOPO, FNOPI, FNOTSRM PSTRP e CNOP.

I destinatari del documento

«Il documento – continua il responsabile di Educazione nutrizionale neonatale e Blud- indica soluzioni concrete per favorire l’allattamento al seno durante eventuali ricoveri del bambino o della madre, come la spremitura manuale del latte materno, l’uso del tiralatte elettrico e la somministrazione del latte materno conservato». Indicazioni utili soprattutto a decisori politici, direzioni aziendali e del personale, affinché possano creare reparti a misura di “allattamento”. Ma non è solo una questione di adeguamento strutturale. «È necessario che anche il personale sanitario sia opportunamente formato in materia, affinché – precisa Salvatori – l’allattamento non sia più una competenza esclusiva di specialisti e professionisti che operano all’interno di reparti di ostetricia e ginecologia o materno-infantili, ma di tutto il personale medico e para-medico presente all’interno di ospedali e ambulatori».

Il dramma della separazione

L’importanza della relazione madre-bambino, soprattutto durante l’allattamento è stata confermata da diverse ricerche. Numerosi studi hanno mostrato come da una separazione madre-bambino possa derivare uno stress cosiddetto “tossico”, dal quale generano non solo conseguenze emotive, ma anche di natura biologica. «A seguito di un parto fisiologico- commenta l’esperto del Bambino Gesù – la vicinanza genitori-figli è promossa dalla pratica dello skin to skincontact (il contatto pelle a pelle) e dal rooming-in, ovvero dalla possibilità che il bambino sia accudito direttamente dalla madre nella sua stanza di degenza ospedaliera post-parto. Entrambe le pratiche – aggiunge Salvatori -, ovviamente, non sono realizzabili nel caso di neonati patologici o ad alto rischio, ricoverati ad esempio in Tin (Terapia intensiva neonatale). In questo caso, è necessario che la madre sia seguita e guidata da personale specializzato, prima per mantenere attiva la produzione di latte materno mediante tiraggio, poi per favorire l’attaccamento al seno se e quando le condizioni del neonato lo consentiranno».

Interruzione dell’allattamento al seno, i danni per la salute

Tuttavia, il ricovero di madre o bambino può essere necessario, per i motivi più svariati, anche quando l’allattamento al seno è stato già avviato da diversi mesi. «In questo caso – dice il responsabile di Educazione nutrizionale neonatale e Bludè necessario che la struttura ospedaliera (che accoglie il piccolo o la donna) sia adeguatamente attrezzata per consentire la presenza del bambino accanto alla propria madre ricoverata (e viceversa) o per permettere alla donna di tirare regolarmente il latte (ogni tre ore) e conservarlo nel modo adeguato». Un’interruzione drastica dell’allattamento al seno ha delle conseguenze sia per il piccolo, che potrebbe apparire agitato, avere crisi di pianto inconsolabile o difficoltà ad alimentarsi, che per la madre, con disturbi di ansia o ingorgo del seno e mastite.

Stress e scarsa produzione di latte materno

Tuttavia, lo stress che un ricovero ospedaliero implica potrebbe compromettere la produzione del latte materno. Per questo, le linee di indirizzo offrono anche delle strategie da adottare affinché la madre e il suo bambino possano essere sostenuti in questi momenti difficili sia da un punto di vista emotivo, che motivazionale e pratico. “L’ospedalizzazione della madre o del bambino – si legge nel documento – dovrebbe implicare una presa in carico complessiva della famiglia. Qualora non fosse disponibile il latte della propria madre va privilegiato l’utilizzo delle banche del latte”.

Rischio Covid e infezioni ospedaliere

Dal documento arrivano rassicurazioni anche sul rischio che il bambino “ospitato” (nel caso di ricovero materno) possa contrarre infezioni ospedaliere. «La trasmissione di infezioni da batteri ospedalieri – specifica Salvatori – è un rischio praticamente trascurabile per un lattante sano, che di fatto è un semplice ospite, non sottoposto a procedure e tantomeno a manovre invasive». Per quanto riguarda le infezioni acquisite per via respiratoria è stato calcolato, in epoca pre-Covid-19, che le infezioni virali ospedaliere ammontano a circa il 5 % del totale di quelle nosocomiali. «Ma anche il rischio Covid, rispettando tutte le misure di sicurezza necessarie e considerando che il bambino “ospite” non entra in contatto con altri degenti, può essere considerato “contenuto”», assicura lo specialista dell’ospedale pediatrico della Santa Sede. «Così come, seguendo tutte le indicazioni del caso – continua l’esperto -, è stata accertata la sicurezza del contatto fra madre Covid-positiva e bambino allattato».

Una guida verso il cambiamento

Le linee di indirizzo sul mantenimento dell’allattamento al seno in caso di ricovero ospedaliero offrono, dunque, consigli utili a tutti gli attori del sistema salute, affinché ognuno possa contribuire ad una diffusione sempre più capillare di questa buona pratica. «Si auspica che queste linee guida possano essere un utile supporto per direttori generali, sanitari, di dipartimento, di struttura complessa e responsabili di unità operativa che vogliano promuovere l’allattamento al seno, considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità uno degli obiettivi prioritari di salute pubblica a livello mondiale», dice Salvatori. L’allattamento al seno, così come sostenuto dall’OMS, dovrebbe essere fonte esclusiva di nutrizione fino al compimento del sesto mese di vita. «Non solo rafforza e consolida il legame del neonato con la mamma, ma fornisce al neonato un’alimentazione completa, lo protegge dalle infezioni e – conclude – porta comprovati benefici alla salute della mamma».

 

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