In un documento elaborato in occasione della Giornata mondiale, le richieste alla politica per supportare famiglie e malati. In Italia 700mila i casi di Alzheimer
Portare in prossimità le competenze specialistiche, utilizzare gli ospedali di comunità previsti nel PNRR, individuare specifiche linee di investimento per le necessità dell’Alzheimer. Sono solo alcune delle “Sette buone proposte” che AIMA, l’Associazione italiana malattia di Alzheimer, e la Società Italiana di Neurologia (SIN) presentano in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, che ci celebra ogni anno il 21 settembre.
“Territorio, prossimità, sostegno ai caregiver e investimenti” sono le quattro parole chiave di Patrizia Spadin, presidente di AIMA, che a Sanità Informazione ricorda i difficili momenti passati da pazienti e familiari di persone con Alzheimer durante l’emergenza Covid.
I numeri, del resto, non mentono: in Italia si stimano oggi circa 1,2 milioni di casi di demenza, di cui circa 700mila di malattia di Alzheimer. Le proiezioni, da qui ai prossimi decenni, vedranno un incremento notevole della prevalenza soprattutto per via del processo di invecchiamento della popolazione italiana.
Tra le criticità segnalate da AIMA anche l’eterogeneità delle scelte regionali e l’assenza di un monitoraggio stabile e costante degli esiti sulla salute delle persone affette da malattia di Alzheimer che rendono l’offerta e i modelli di cura non solo diversi ma anche vettori di opportunità differenziate a fronte del medesimo bisogno.
«Dall’osservatorio privilegiato che la Linea Verde Alzheimer rappresenta, per quantità e diffusione delle informazioni che raccoglie, AIMA ha potuto rilevare che durante i primi mesi di lockdown, caratterizzati dallo stato di emergenza e di sommaria impreparazione allo scoppio della pandemia oltre che di totale sospensione di ogni servizio, nelle famiglie colpite da demenza mancavano le informazioni su “cosa fare” nel caso di un paziente positivo e “come” fare durante la quarantena. Le difficoltà dei pazienti nel rispettare le precauzioni o nell’accettare i dispositivi di protezione individuale, il peggioramento repentino dei disturbi comportamentali dovuti all’isolamento, hanno creato alle famiglie una situazione quasi insostenibile. Se consideriamo l’impossibilità di riferirsi al curante o di visitare i propri familiari ospiti nelle RSA, o la mancanza di notizie di pazienti ricoverati in ospedale per Covid, si comprende come siano emersi stati emotivi dolorosi e oppressivi».
«Ci aspettiamo che siano i servizi ad arrivare in prossimità dei pazienti, e non il contrario, in modo che il lavoro di cura dei caregiver sia supportato e sostenuto in ogni fase di malattia».
«Si, la figura del neuropsicologo – competente per la somministrazione dei test e la valutazione neuropsicologica – è una figura chiave nel percorso diagnostico ed è importante che questo professionista sia presente in maniera capillare accanto al clinico».
«Noi conosciamo per esperienza diretta bisogni, dolori e necessità e lavoriamo, incessantemente, perché la situazione dei pazienti e delle famiglie possa migliorare, soprattutto con la speranza che la ricerca ci ha offerto facendoci vedere la luce in fondo al tunnel. Alle famiglie vogliamo dire che noi ci siamo, con attenzione, per i pazienti di oggi e quelli di domani».
Grazie alla ricerca, nel prossimo futuro potrebbe essere possibile cambiare il corso della malattia di Alzheimer partendo dalle sue primissime fasi caratterizzate da un decadimento cognitivo lieve. Questa nuova prospettiva investe la dimensione organizzativa e le dotazioni strutturali del Sistema Sanitario Nazionale. Occorrerà dunque programmare per tempo questo cambio di paradigma ed i relativi investimenti, (alcune indicazioni sono presenti in “Barometro Alzheimer”). A partire dal Fondo per l’Alzheimer e le demenze, previsto dalla Legge di Bilancio 2021, si potranno individuare specifiche linee di investimento per le necessità dell’Alzheimer (ad es. facendo leva sul Fondo per l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico).
Le Case della Comunità previste nel PNRR, se adeguatamente organizzate, potrebbero includere anche alcuni CDCD (Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze), avvicinando i servizi fondamentali per il Paziente AD e per la sua famiglia grazie al contributo multidisciplinare di specialisti (medici e professionisti sanitari), medici di medicina generale e assistenti sociali. Per fare ciò sarà necessario portare in prossimità le competenze specialistiche (neurologiche e geriatriche) oltre che i servizi assistenziali e quelli sociali dei Comuni. Il CDCD, quando non già presente all’interno di strutture ospedaliere, è chiamato a integrarsi con la rete ospedaliera e tutti gli operatori coinvolti per valorizzare la presa in carico olistica del paziente. In parallelo a questa transizione, sarà comunque necessario potenziare le risorse umane specializzate presso gli ambulatori di medicina generale, al fine di favorire l’individuazione dei pazienti in fase prodromica e l’indirizzamento presso i CDCD, e rafforzare i centri diurni sul territorio dove svolgere trattamenti psicosociali, educazionali e riabilitativi nella demenza, destinati ai pazienti e relativi caregiver nelle fasi di malattia lieve-moderata.
La gestione della complessità dei pazienti Alzheimer dovrà prevedere dei veri e propri setting di cure “intermedie”: gli ospedali di comunità potranno contribuire alle risposte territoriali dei bisogni del malato e della famiglia. Sia nei processi di invio dal territorio che in quelli di dimissione dall’ospedale, il recupero delle condizioni di equilibrio psico fisico potrà essere conseguito anche attraverso modelli di cure intermedie
Questa figura a supporto dei pazienti affetti da Alzheimer potrebbe avere un orientamento forte nel fornire supporto assistenziale e sanitario nelle situazioni di maggiore fragilità sociale di quei nuclei e di quelle persone che affetti dalla malattia vedono indebolire il loro contesto di riferimento e le forme di inclusione.
Nel PNRR viene indicato come obiettivo il rafforzamento dell’ADI per il 10% delle persone over 65. La creazione di un ADI Alzheimer dedicato potrebbe rappresentare un modello di servizio che porta al domicilio competenze specialistiche multidisciplinari nonché attività riabilitative, psico-educazionali e di sostegno, anche in via digitale
L’Italia non è allineata rispetto al quadro normativo di altri Paesi europei che riconoscono il ruolo del caregiver anche attraverso specifiche tutele. Occorre prendere in considerazione in modo diretto la figura del caregiver dando piena attuazione alle disposizioni di legge che già negli anni scorsi hanno previsto uno stanziamento in questo senso.
La complessità della gestione della persona con malattia di Alzheimer prevede competenze che le famiglie imparano sul campo. Eppure, il lavoro di cura non si improvvisa e molto può essere fatto per sviluppare interventi specifici nell’accudimento quotidiano. Altro tema è quello della formazione dei badanti con competenze e tecniche specifiche nella gestione di quelle pratiche assistenziali che per il paziente con Alzheimer diventano più critiche.
È necessario un insieme di conoscenze e competenze che rafforzino il contesto all’interno del quale il malato vive, fatto di sostegni ai soggetti quotidianamente coinvolti nella sua cura anche attraverso iniziative di coproduzione e di community building.
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