Gli esperti hanno studiato la patologia dell’Alzheimer già durante la mezza età, ovvero tra i 40 e i 50 anni, quando la patologia è nelle sue fasi iniziali, quindi ancora asintomatica: “Interventi potenziali come la perdita di peso e la riduzione del grasso viscerale – spiega l’autrice dello studio Mahsa Dolatshahi -risultano più efficaci per prevenire o ritardarne l’insorgenza”
Si allunga la lista dei danni che il grasso viscerale corporeo, ovvero quello che si accumula in profondità, ad esempio a livello addominale, provoca alla nostra salute. Non solo un rischio maggiore di diabete di tipo 2, ipertensione o problemi cardiaci, ma anche Alzheimer. La presenza di grasso viscerale, infatti, è stata associata ad un aumento nel cervello di quelle proteine anomale (beta-amiloide), considerate segni distintivi della malattia di Alzheimer fino a 20 anni prima che compaiano i primi sintomi della demenza. A rivelarlo è uno studio presentato al meeting annuale della Radiological Society of North America (RSNA). I ricercatori hanno sottolineato che le modifiche dello stile di vita mirate a ridurre questo grasso, che circonda gli organi e che è stato associato anche al rischio cardiovascolare, potrebbero influenzare lo sviluppo della malattia di Alzheimer.
Gli esperti hanno studiato la patologia dell’Alzheimer già durante la mezza età, ovvero tra i 40 e i 50 anni, quando la patologia è nelle sue fasi iniziali, quindi ancora asintomatica: “Interventi potenziali come la perdita di peso e la riduzione del grasso viscerale – spiega l’autrice dello studio Mahsa Dolatshahi della Washington University School of Medicine a St. Louis, Missouri – risultano più efficaci per prevenire o ritardarne l’insorgenza”. I ricercatori si sono concentrati sul legame tra fattori modificabili legati allo stile di vita, come l’obesità, la distribuzione del grasso corporeo e aspetti metabolici, e la patologia dell’Alzheimer. Hanno partecipato 80 individui cognitivamente normali di mezza età (età media: 49,4 anni, di cui il 62,5% donne). Circa il 57,5% dei partecipanti era obeso.
I partecipanti sono stati sottoposti a tomografia a emissione di positroni (PET) cerebrale, risonanza magnetica del corpo, valutazioni metaboliche (livelli di glucosio e insulina) e misura del colesterolo. Con la risonanza dell’addome gli esperti hanno misurato il volume del grasso sottocutaneo (sotto la pelle) e del grasso viscerale (che circonda gli organi). Segni di Alzheimer nel cervello sono stati misurati tramite tomografia, principalmente per vedere il livello di accumulo delle placche di amiloide e ai grovigli di proteina tau nel cervello. I risultati hanno rivelato che alti livelli di grasso viscerale si associano a un aumento dell’amiloide: il grasso viscerale è responsabile del 77% dell’effetto del sovrappeso sull’accumulo di amiloide.
La malattia di Alzheimer causa un progressivo deterioramento cognitivo ed è caratterizzata dai depositi di beta-amiloide e dai grovigli neurofibrillari nella corteccia cerebrale e nella sostanza grigia sottocorticale. La diagnosi è clinica: gli esami di laboratorio e di imaging vengono solitamente eseguiti per cercare reperti specifici che suggeriscano la malattia di Alzheimer e per identificare altre cause trattabili di demenza. I trattamenti che oggi abbiamo a disposizione sono di supporto: possono migliorare la qualità di vita, ma non condurre a guarigione. La maggior parte dei casi di malattia di Alzheimer ha un esordio tardivo (dopo i 65 anni) e l’eziologia è sconosciuta, anche se una percentuale che varia da 5 al 15% può essere considerata ‘familiare’. La metà di questi pazienti presenta una malattia ad esordio precoce (prima dei 65 anni) ed è solitamente associabile a specifiche mutazioni genetiche.
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