Cibi ricchi di grassi saturi, colesterolo e calorie stimolano l’infiammazione e contribuiscono ad un aumento del rischio di sviluppare una forma di demenza, come l’Alzheimer, di circa il 20%, con picchi fino all’80%
Burro, margarina, strutto, lardo, olio di palma e di cocco, carni grasse (come pancetta di maiale, salsicce), formaggi grassi (come provolone e mascarpone), fritture e prodotti da forno industriali (dalle brioches, a croissant, snack, insaccati e wurstel) sono i cibi maggiormente ricchi di grassi saturi, gli stessi che andrebbero evitati, o quantomeno moderati, per diminuire il rischio di Alzheimer. Più in generale, per scongiurare la patologia neurodegenerativa oltre ai grassi saturi, andrebbe evitato di assumere cibo troppo ricco di colesterolo o con elevato apporto energetico, tutti fattori considerati pro-infiammatori. In particolare, questi alimenti che stimolano l’infiammazione, contribuiscono ad aumento del rischio di sviluppare una forma di demenza, come l’Alzheimer, di circa il 20%, con picchi fino all’80%. È quanto emerge da uno studio coordinato da ricercatori dell’University of Texas Health Science Center di San Antonio (Usa), pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia.
“La demenza è attualmente una delle più grandi sfide globali per la salute, con stime che prevedono che 152 milioni di persone vivranno con questa patologia in tutto il mondo entro il 2050”, scrivono i ricercatori. Si stima che nel mondo siano più di 55 milioni i casi di demenza, la cui forma più comune è la malattia di Alzheimer. In Italia, attualmente, sono circa due milioni le persone con demenza o disturbo neuro-cognitivo maggiore o con una forma di declino cognitivo lieve. Circa quattro milioni sono i loro familiari. Da qualche tempo, diversi studi suggeriscono un effetto protettivo di alcuni regimi alimentari, come la dieta Mediterranea, che prevede un consumo giornaliero di cereali non raffinati, verdura, legumi, frutta, noci, olio di oliva, latte e derivati e attività fisica. Pesce, uova e carne di piccola taglia vanno consumati settimanalmente, la carne rossa mensilmente e il vino con moderazione ai pasti. Tuttavia, ad oggi, “non esistono ancora risultati definitivi sugli esatti benefici apportati da un’adozione puntuale di questo regime alimentare”, precisano i ricercatori.
La ricerca ha seguito 1.487 ultrasessantenni in media per circa 13 anni, un lasso di tempo in cui circa uno su cinque ha sviluppato una forma di demenza. Il team ha inoltre analizzato la dieta abituale dei partecipanti, attribuendole un indice di infiammazione sulla base della sua composizione. Elementi come i grassi saturi, la quantità di colesterolo, l’elevato apporto energetico erano tutti fattori considerati pro-infiammatori. “Elementi di cui è ricca la dieta occidentale“, precisano i ricercatori. Secondo l’analisi, l’adesione a una dieta pro-infiammatoria aumenta di circa il 20% il rischio di demenza, tuttavia, nei casi in cui l’indice di infiammazione era particolarmente elevato l’aumento del rischio superava l’80%. “In conclusione, punteggi di indice infiammatorio più elevati sono stati associati a un aumento di demenza da tutte le cause e da malattia di Alzheimer – concludono i ricercatori – . Per questo, incoraggiamo studi futuri per indagare questa relazione”.
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