Salute 25 Luglio 2024 08:43

Alzheimer e Parkinson: grasso addominale, adipe alle braccia e ansia cronica ne aumentano il rischio

A provare il primo legame, quello tra grasso all’addome e agli arti superiori con l'Alzheimer e il Parkinson, è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neurology. Sulle conseguenze dell’ansia cronica, invece, si sono concentrati gli studiosi dell'Università di Newcastle. La ricerca stata pubblicata sul 'Journal of the American Geriatrics Society'
Alzheimer e Parkinson: grasso addominale, adipe alle braccia e ansia cronica ne aumentano il rischio

Non solo grasso addominale. Questa volta sotto la lente degli scienziati ci è finito pure quello che si accumula attorno alle braccia. Se la pancetta aumenta il rischio di malattie metaboliche, l’adipe che si accumula sia sul ventre, che sugli arti superiori, sarebbe responsabile di una maggiore incidenza di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Ma attenzione, a fare la differenza non è solo la forma fisica: anche la salute mentale va salvaguardata. Un altro studio, infatti, ha dimostrato che pure l’ansia, soprattutto se cronica, può rendere più vulnerabili allo sviluppo di demenza.

Grasso su addome e braccia, ecco il legame con Alzheimer e Parkinson

A provare il primo legame, quello tra grasso all’addome e agli arti superiori con l’Alzheimer e il Parkinson, è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neurology. La ricerca ha dimostrato anche il contrario: le persone con un alto livello di forza muscolare hanno meno probabilità di sviluppare queste malattie rispetto a chi ha una bassa forza muscolare. “Questo studio evidenzia il potenziale di ridurre il rischio di sviluppare queste malattie migliorando la composizione corporea – spiega Huan Song dell’Università di  Sichuan a Chengdu, in Cina, tra gli autori della ricerca -. Interventi mirati a ridurre il grasso addominale e delle braccia, promuovendo allo stesso tempo uno sviluppo muscolare sano, potrebbero essere più efficaci per proteggere da queste malattie rispetto al semplice controllo del peso”, aggiunge.

Oltre 400mila persone coinvolte nello studio

Lo studio ha coinvolto 412.691 persone con un’età media di 56 anni, monitorate per una media di nove anni. All’inizio dello studio, i ricercatori hanno misurato la composizione corporea, come le misure di vita e fianchi, la forza di presa, la densità ossea e la massa grassa e magra. Durante lo studio, 8.224 persone hanno sviluppato malattie neurodegenerative, principalmente malattia di Alzheimer, altre forme di demenza e malattia di Parkinson. I partecipanti maschi con alti livelli di grasso addominale hanno sviluppato le malattie neurodegenerative a un tasso di 3,38 per mille persone, rispetto a 1,82 casi per mille per coloro con bassi livelli di grasso addominale. Per le partecipanti, i tassi erano 2,55 per alti livelli di grasso addominale e 1,39 per bassi livelli.

I risultati: +18% di possibilità di ammalarsi di Alzheimer e il Parkinson

I ricercatori hanno scoperto che complessivamente le persone con alti livelli di grasso  addominale avevano il 13% in più di probabilità di sviluppare  queste malattie rispetto ai coetanei con bassi livelli di grasso  addominale. Le persone con alti livelli di grasso nelle braccia avevano il 18% in più di probabilità di sviluppare le malattie rispetto a coloro con bassi livelli di grasso nelle braccia. Quelli con elevata forza muscolare avevano il 26% in meno di rischio di sviluppare le malattie rispetto agli individui con bassi livelli di forza. La relazione tra queste composizioni corporee e le patologie neurodegenerative è stata in parte spiegata dall’insorgenza, dopo l’inizio dello studio, di malattie cardiovascolari come le malattie cardiache e l’ictus. Il che “sottolinea l’importanza di gestire immediatamente queste malattie cardiovascolari per aiutare a prevenire o ritardare lo sviluppo di Alzheimer, Parkinson o altre malattie degenerative”, afferma Song. Un limite dello studio è che i partecipanti erano principalmente bianchi provenienti dal Regno Unito, quindi i risultati potrebbero non essere applicabili ad altre popolazioni, ma il lavoro offre un nuovo fattore da approfondire, per capire se può contribuire allo sviluppo di strategie preventive sempre più efficaci.

Ansia e demenza

Sulle conseguenze dell’ansia cronica, invece, si sono concentrati gli studiosi dell’Università di Newcastle. La ricerca, pubblicata sul ‘Journal of the American Geriatrics Society’, ha analizzato le condizioni di 2.132 persone, con un’età media 76 anni, che hanno partecipato a una ricerca australiana (Hunter Community Study) e sono state seguite per una media di 10 anni. L’analisi degli autori ha permesso di rilevare che la presenza di ansia cronica e di ansia di nuova insorgenza si associava a rischi di demenza rispettivamente 2,8 e 3,2 volte superiori. Rischi ancora più elevati sono stati osservati negli adulti con ansia prima dei 70 anni. Le persone la cui ansia si è risolta, però, non hanno avuto un rischio di demenza più elevato rispetto alle persone completamente senza problematiche di ansia attuale o passata. “I risultati – conclude uno degli autori, Kay Khaing, dell’Università di Newcastle – suggeriscono che l’ansia potrebbe essere un nuovo fattore di rischio da prendere di mira nella prevenzione della demenza e indicano anche che il trattamento di questa patologia potrebbe ridurre il rischio”.

 

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