Salute 3 Marzo 2025 13:43

Alzheimer, individuati sedici geni che aumentano il rischio di sviluppare la malattia

Lo dimostra una vasta analisi del Dna di più di 49mila persone di etnie diverse, pubblicata sulla rivista Alzheimer’s & Dementia
di I.F.
Alzheimer, individuati sedici geni che aumentano il rischio di sviluppare la malattia

Sono sedici i geni che, almeno stando a quanto scoperto finora, aumentano il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, la più comune forma di demenza: lo dimostra una vasta analisi del Dna di più di 49mila persone di etnie diverse, pubblicata sulla rivista Alzheimer’s & Dementia da un gruppo di  ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston, guidato da Julian Daniel Sunday Willett. Grazie a questa scoperta si fa sempre più concreta sia la possibilità di accedere a diagnosi precoci, che di individuare nuovi bersagli terapeutici per colpire la malattia.

Uno studio multietnico

Il maggior punto di forza dello studio sta nel fatto che circa metà dei partecipanti appartiene a etnie diverse da quella europea: ciò permette di comprendere meglio anche quelle popolazioni e quei gruppi solitamente sottorappresentati nelle ricerche. Infatti, sebbene siano già stati individuati molti geni associati all’Alzheimer, poche indagini hanno riguardato persone di origini non europee. Tra gli oltre 49mila individui, 12mila circa hanno ricevuto una diagnosi di malattia mentre gli altri 37mila sono a rischio a causa della loro storia familiare.

Verso previsioni più accurate del rischio di Alzheimer

Grazie a questo ampio campione, i ricercatori hanno individuato 16 geni che finora non erano stati collegati al rischio di questo disturbo, e puntano ora ad effettuare nuove analisi su gruppi ancora più vasti e sulle varianti più rare di tali geni. “Siamo rimasti piacevolmente sorpresi di aver fatto questa scoperta espandendo le analisi genetiche dalle popolazioni di origine europea ad altre diverse – commenta Rudolph Tanzi, tra  gli autori dello studio -. Ci auguriamo che ciò porti a previsioni più accurate del rischio di Alzheimer – conclude ricercatore – e a nuovi obiettivi farmacologici e biologici per il trattamento  e la prevenzione in diverse popolazioni”.

 

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