Patrizia Spadin, presidente di AIMA, Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, contesta le scelte AIFA: «I CDCD hanno liste di attesa lunghissime e molti pazienti non riescono ad accedere. Ma la gratuità dei farmaci è vincolata al Piano terapeutico del centro». E chi può i farmaci preferisce pagarli
Potrebbe essere un’occasione persa l’aggiornamento della nota 85 di AIFA, l’Agenzia del Farmaco Italiana, che è andata a cambiare alcune regole per l’accesso alle terapie da parte dei pazienti affetti da Alzheimer e demenze correlate.
«Purtroppo non ci hanno ascoltato» commenta Patrizia Spadin, presidente di AIMA, Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, a Sanità Informazione. «Il problema – spiega Spadin – è questo abbraccio mortale tra Piano terapeutico e Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD) in una situazione in cui questi ultimi non sono uniformi sul territorio e hanno spesso liste di attesa molto lunghe, per cui il vincolo del piano terapeutico crea problemi alle famiglie».
La nota, oltre a modificare la rimborsabilità di alcuni farmaci, aggiorna anche il monitoraggio delle terapie farmacologiche, ora meno rigido e più personalizzato alle esigenze del singolo paziente. In particolare, la visita di controllo nei casi stabilizzati può essere distanziata anche a un anno, se il caso lo consente. Una modifica positiva ma che potrebbe non bastare. Per AIMA la distribuzione gratuita dei farmaci vincolata al piano terapeutico e ai CDCD è «un imbuto, un collo di bottiglia».
«Chiediamo che la prescrizione dei farmaci e il piano terapeutico vengano fatti anche dagli specialisti del territorio, senza andare al CDCD che sono troppo pochi, mal di disposti e con orari ridotti e non hanno in carico tutti i pazienti» continua Spadin.
Oggi qualsiasi specialista può prescrivere alcuni farmaci, come gli inibitori della colinesterasi che vengono somministrati negli stadi iniziale e intermedio della malattia di Alzheimer. Ma solo se prescritti in un centro CDCD questi farmaci sono gratuiti, altrimenti si pagano.
«Molti di questi farmaci sono diventati generici nel tempo per cui i prezzi non sono elevatissimi. Però non si capisce perché questo imbuto. Sono 20 o 25 anni che ci sono questi farmaci, gli specialisti sanno usarli e sanno controllare i pazienti. Parlo degli specialisti, neurologi e geriatri, non degli MMG».
Spadin sottolinea: «Io ne conosco tanti di pazienti che pur di non fare la trafila della prenotazione, della visita, ecc. decidono di pagarseli ma non tutti possono permetterselo. Sono pazienti che hanno così poco che almeno i farmaci dovrebbero essere gratuiti».
La presidente AIMA ricorda poi la lentezza della burocrazia italiana, come nel caso della durata del progetto Cronos, uno studio osservazionale multicentrico per il monitoraggio dei piani di trattamento farmacologico, durato ben quattro anni e che poi ha portato all’originaria nota 85.
«Io ho avanzato le nostre richieste ad AIFA nel tavolo apposito, ma non mi hanno ascoltato. So che anche tra le società scientifiche c’è contrasto. Per noi è urgente agire» spiega ancora Spadin.
Sui nuovi farmaci che promettono di bloccare le demenze già approvato da FDA, Spadin è pessimista. «Temo che fintanto che non cambiano le cose non li renderanno disponibili da noi semplicemente perché non siamo in grado di fare la diagnosi precoce e somministrare questi farmaci se non in pochi centri. I pazienti che hanno sintomi leggeri andrebbero sottoposti a una serie di accertamenti non sempre disponibili. Parliamo di 300 o 400 mila persone che hanno diritto ad essere valutate per scoprire se sono persone che convertiranno ad Alzheimer».
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