La demenza senile è un grave allarme sociale. Patrizia Spadin, Presidente dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer: «Il sospetto della presenza del morbo può condurre il paziente a fare approfondimenti che, se fatti in tempo, possono determinare una svolta». L’importanza della formazione per medici di base, infermieri e sanitari
L’Alzheimer è una malattia estremamente subdola. I primi sintomi sono difficili da individuare. Infatti, inizialmente, il morbo si manifesta con dei vuoti di memoria e dei momenti di confusione che possono essere ricondotti, ingannevolmente a stress e stanchezza. Oggi l’Alzheimer colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni di età e in Italia si stimano circa 500mila ammalati. La malattia colpisce la memoria e si ripercuote sulle capacità cognitive, generando cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
Il problema focale relativo al morbo di Alzheimer è il ritardo nella diagnosi. Questo l’elemento più significativo emerso dall’ultimo rapporto sulla malattia realizzato dal King’s College London in collaborazione con la London School of Economics and Political Science, aggiornato a settembre 2016. Un maggior coinvolgimento dei medici di base e in generale delle varie figure deputate alle cure come l’infermiere e il fisioterapista, potrebbe far aumentare i casi diagnosticati e far diminuire il costo delle cure per ogni singolo paziente di oltre il 40%. Dunque, il primo anello della catena per la valutazione preventiva del morbo, è il medico di base. Purtroppo, tutt’ora, come in passato, il medico generico risulta essere poco formato relativamente all’Alzheimer e quindi non sempre in grado di ricoprire efficacemente il ruolo di sentinella che suona il primo campanello di allarme. Sul tema interviene Patrizia Spadin, Presidente AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer).
«Purtroppo il ritardo nella diagnosi è una problematica segnalata da parecchi anni ed effettivamente ostacolo alla lotta contro la malattia», spiega la Presidente Spadin. «Sono consapevole che ci sono stati tentativi di formazione dei medici di famiglia in materia ma evidentemente non sono stati sufficienti. Mi auguro che si possa incontrare una maggiore disponibilità da parte dei medici di base, la cui funzione in questa ottica è davvero fondamentale. Mi rendo conto che i medici generici non sono specialisti ed esperti della malattia, ma anche il sospetto della presenza del morbo può condurre il paziente a fare approfondimenti che, se fatti in tempo, possono determinare una svolta. Il problema della demenza senile ha un impatto molto forte sulle famiglie ed è sia una necessità che un dovere da parte del medico di base occuparsene».
«Occorre inoltre – conclude la Spadin – creare una rete fra medici e famiglie che possa pensare alle necessità dei pazienti e andare incontro a coloro che gli stanno accanto. Per fare questo è indispensabile stanziare delle risorse e collaborare per gestire il problema nel migliore dei modi».