Il progetto è stato realizzato dall’Osservatorio Malattie Rare con il contributo non condizionante di Pfizer e porta la firma di fAMY, Conacuore, Fondazione Italiana per il Cuore e UNIAMO FIMR Onlus
Amiloidosi cardiaca: è la diagnosi precoce il fattore chiave per la sopravvivenza. Fiato corto, astenia e aritmie: questi i principali campanelli d’allarme dell’amiloidosi cardiaca, una malattia sistemica, rapidamente progressiva, che può presentare anche diversi sintomi non cardiaci, come quelli oftalmologici, neurologici e gastrointestinali. Per questo spesso viene confusa con altre malattie, e quindi sottodiagnosticata. La scintigrafia miocardica con traccianti ossei può essere determinante per arrivare quanto prima alla sua identificazione: ad oggi la sopravvivenza stimata dei pazienti è di 3-5 anni dal momento della diagnosi.
A questa patologia rara è dedicato “Amiloidosi Cardiaca, conoscerla per diagnosticarla in tempo e gestirla al meglio”, un documento di consenso tra le associazioni di pazienti curato da Osservatorio Malattie Rare e realizzato con il contributo non condizionante di Pfizer. Il documento – un progetto che porta la firma di fAMY – Associazione Italiana Amiloidosi Familiare ONLUS, Conacuore – Coordinamento Nazionale Associazioni del Cuore, Fondazione Italiana per il Cuore e UNIAMO FIMR Onlus – Federazione Italiana Malattie Rare – è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa online.
«Obiettivo del documento, che abbiamo deciso di illustrare proprio in prossimità della Giornata Mondiale del Cuore che si celebra in tutto il mondo domani 29 settembre, è quello di affrontare le problematiche riferite dalle persone affette da amiloidosi cardiaca e proporre soluzioni innovative per migliorare la loro vita quotidiana», ha affermato Paolo Magni, Coordinatore Comitato Scientifico della Fondazione Italiana per il Cuore. «L’idea alla base di questo lavoro è creare uno strumento che possa essere utile sia ai medici, che avranno la possibilità di conoscere e quindi gestire meglio questa condizione, sia alle istituzioni, che potrebbero intraprendere iniziative per ridurre le gravi difficoltà vissute quotidianamente dai malati».
Le amiloidosi sono un gruppo di patologie rare, invalidanti e spesso fatali, caratterizzate dall’accumulo dannoso di sostanza amiloide all’interno dell’organismo. Attualmente se ne conoscono circa 30 tipologie e si stima che in Italia ci siano 356 casi, in 120 famiglie, di persone affette dalla forma ereditaria di questa malattia. Le amiloidosi sono patologie multisistemiche: quando è il cuore ad essere l’organo più colpito la grave forma di scompenso che ne deriva viene chiamata appunto “amiloidosi cardiaca”.
«Con l’amiloidosi cardiaca si ha un accumulo di sostanza amiloide nel cuore. Il depositarsi di questa sostanza nel tessuto muscolare dell’organo fa sorgere una serie di problemi: incrementa lo spessore delle pareti dei ventricoli, che diventano più rigide, ne riduce l’efficienza contrattile e ne altera il rilasciamento», ha spiegato Giuseppe Ciancamerla, Presidente di Conacuore. «A parte il tessuto miocardico, l’infiltrazione può coinvolgere anche le valvole cardiache e il sistema di conduzione dello stimolo elettrico, modificandone il corretto funzionamento. Le forme più comuni di amiloidosi cardiaca sono due: l’amiloidosi da catene leggere (AL) e l’amiloidosi da transtiretina (ATTR)».
Come emerge dal documento di consenso sono ancora tante le necessità da affrontare. In particolare, le richieste delle associazioni di pazienti sono cinque:
«L’amiloidosi cardiaca è una malattia complessa; molte delle dinamiche che vivono i pazienti affetti sono le stesse per tutti i malati rari», ha sottolineato Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO-Federazione Italiana Malattie Rare. «Il ritardo diagnostico o addirittura, spesso, la mancata diagnosi, le difficoltà nell’essere indirizzati a un centro di competenza, le terapie che in molti casi non ci sono e in altri sono insufficienti, e il senso di solitudine e di rassegnazione sono le problematiche che emergono più frequentemente e per le quali bisogna trovare delle soluzioni».
Un motivo di preoccupazione tra le associazioni dei pazienti, come emerge dal documento, riguarda poi la tempistica della disponibilità dei farmaci, da sei mesi a un anno e mezzo, con una evidente disuguaglianza a livello regionale. «Questi tempi sono eccessivi e i pazienti non possono permettersi di aspettare», ha commentato Andrea Vaccari, Presidente di fAMY – Associazione Italiana Amiloidosi Familiare. «È fondamentale che il percorso venga facilitato e velocizzato affinché tutti coloro che ne hanno bisogno possano avere quanto prima la disponibilità delle nuove terapie. È, inoltre, essenziale la coesione fra le associazioni dedicate a malattie simili. Il lavoro svolto nell’ambito dell’amiloidosi cardiaca da fAMY, Conacuore, Fondazione Italiana per il Cuore e UNIAMO è un esempio di collaborazione che ha messo a disposizione competenze ed esperienze di vita con un unico obiettivo: migliorare i tempi della diagnosi e quindi la gestione complessiva del paziente e la sua qualità di vita».
Alla conferenza stampa online hanno partecipato anche la Sen. Paola Binetti, Presidente Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare – XII Commissione Senato della Repubblica, “Igiene e Sanità”, l’On. Fabiola Bologna, Commissione XII “Affari sociali”, Camera dei Deputati, Francesco Tosi, fAMY, Associazione Italiana Amiloidosi Familiare, Laura Obici, Centro per lo studio e la cura delle Amiloidosi Sistemiche della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Domenica Taruscio, Direttrice del Centro Nazionale Malattie Rare. L’incontro è stato moderato da Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore Osservatorio Malattie Rare.
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