Che estate ci aspetta? Intervista a Massimo Andreoni, direttore del reparto Malattie Infettive all’Università Tor Vergata di Roma
I contagi continuano ad abbassarsi, le terapie intensive si svuotano e l’Italia festeggia due settimane dalle riaperture. La campagna vaccinale procede ora, finalmente, a ritmo accelerato e il viceministro Pierpaolo Sileri ha già azzardato una previsione di zona bianca in tutta Italia per giugno.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ne ha approfittato per reintrodurre il discorso “turismo” e invitare tanti da fuori a trascorrere le proprie vacanze in Italia. Come? Con il Green Pass, che da metà maggio sarà una realtà a tutti gli effetti. Vaccinati da meno di sei mesi (con entrambe le dosi), tamponati da meno di 48 ore o guariti da non oltre sei mesi con certificazione. Queste le caratteristiche che italiani e non dovranno possedere per girare liberamente con il “certificato verde”.
La misura sta facendo discutere da quando è stata annunciata. Principale obbiettivo delle critiche è proprio il timing definito da molti approssimativo per vaccino e guarigione: 6 mesi sembrano pochi per il vaccino, mentre a volte sono troppo lunghi per chi è guarito da una forma poco grave. Inoltre, hanno specificato alcuni esperti, il tampone molecolare o rapido fotografa la situazione del corpo in quell’esatto istante in cui viene effettuato: 48 ore dopo il risultato potrebbe essere differente e mettere in pericolo altre persone.
Sanità Informazione ha incontrato il professor Massimo Andreoni, direttore del reparto Malattie Infettive all’Università Tor Vergata di Roma, per una panoramica su quel che attende chi vorrà spostarsi. La prima e necessaria domanda è stata: quella del Green Pass è una misura utile? «Il Green Pass è un’idea intelligente – conferma Andreoni – se non altro perché stimolerà le persone a vaccinarsi. Ma credo ci siano effettivamente ancora troppi punti oscuri».
Il nodo è quella dicitura “6 mesi”. «Si dice 6 mesi – spiega infatti il professore – ma non abbiamo ancora idea di quanto durerà l’immunità legata al vaccino, mentre sappiamo qualcosa di più di quanto dura l’immunità legata alla guarigione dalla malattia. Sappiamo che spesso dura più di 6 mesi per i guariti e per il vaccino speriamo anche in un anno. In questo momento serviva un limite temporale, ma probabilmente sarà rivisto in seguito. Certo è un buon sistema, sapere che possono circolare solo persone protette dà sicuramente tranquillità a tutti».
Favorire la vaccinazione era certamente uno degli obbiettivi per la creazione del Green Pass, come spiegato da Andreoni. Saranno molti gli italiani che punteranno sul vaccino per potersi muovere in estate. Tuttavia, le più recenti norme concordate da Cts e commissario Figliuolo hanno deciso di ritardare anche la seconda dose del vaccino Pfizer, fino a 42 giorni. Oltre ai quasi quattro mesi di attesa per il richiamo dei vaccinati con il prodotto AstraZeneca. A questo punto ottenere il Green Pass sarà difficile per chi vuole partire. A meno che, più in là, non possa bastare una sola dose.
«Credo che questo sia un grande problema da affrontare – concorda Andreoni -. Sappiamo che ci sono vaccini che sono in grado di dare un’immunità anche con una singola dose, ma esistono anche persone poco rispondenti al vaccino e che quindi certamente richiederanno una doppia dose. Quando si parla di grandi numeri: capire chi può andare con una sola dose e chi invece no, diventa molto complicato. La conclusione sarà che noi avremo comunque bisogno di fare due dosi a tutti quanti. Dovremmo capire se saremo costretti a fare le due dosi con lo stesso vaccino o potremo magari cambiare in corsa. Perché in effetti se ci sono stati effetti collaterali importanti dopo la prima dose sarà difficile, quindi c’è ancora qualche punto di domanda, ma la strada maestra è ancora quella di fare due dosi di vaccino, a meno che non si tratta di una persona che ha avuto la malattia e in quel caso una sola dose può bastare».
Se si parla di ferie così tanto è ovviamente perché gli italiani (e non solo) sono stanchi di fare rinunce per via del virus. Le riaperture di fine aprile sono servite proprio a permetterci di riabituarci alla “normalità perduta”. Alcuni esperti si sono però dimostrati molto critici parlando di un anticipo eccessivo e delle possibili conseguenze sulla situazione epidemiologica.
«La riapertura comunque comporterà un incremento dei casi – concorda Andreoni – e li potremo vedere oppure non accorgercene. Andiamo incontro all’estate, la vaccinazione sta funzionando e tendenzialmente i casi continueranno a ridursi. Riaprire sicuramente rallenterà questa discesa del numero dei casi, fa parte di quello che definiamo “rischio calcolato”».
Tuttavia «questa cosa non va troppo bene perché, mentre si vaccina, permettere al virus di replicarsi troppo può portare allo sviluppo di varianti immune-escape». Ovvero nuove varianti del virus Sars-CoV-2 potenzialmente pericolose e non protette dai vaccini. L’attenzione su questo punto, secondo Andreoni, deve rimanere sempre altissima. Specie da parte dei professionisti della sanità, che ogni giorno si confrontano sullo sviluppo della pandemia. Lo stesso professore è in primo piano con un corso di formazione dal titolo “Vaccini e Varianti”, fornito dal provider Ecm di Consulcesi Club.
«È fondamentale tenersi aggiornati – insiste – perché ci sono novità praticamente ogni giorno sui vaccini. Ma soprattutto dobbiamo essere informati sulle varianti, anche perché che il virus cambi in continuazione resterà sempre un problema. La formazione ora più che mai è essenziale, mai come oggi le cose possono cambiare da un giorno all’altro».
Sulle riaperture, dunque, ancora molta vigilanza. Perché sì, i contagi scendono, ma siamo lontani dalle cifre post-lockdown di questo stesso periodo del 2020. Dunque Andreoni invita i critici del coprifuoco, l’unica misura rimasta in piedi oltre a quelle di distanziamento, a non preoccuparsene per il momento. «Se tutti si comportassero in maniera corretta non ci sarebbe problema a chiudere a mezzanotte o anche alle due di notte. Di fronte a situazioni come quelle che vediamo in televisione di assembramenti pericolosi, chiudere prima conviene sempre e più si ritarda il rientro a casa e più è probabile che le persone si riuniscano in festeggiamenti che sono molto controproducenti».
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