Colpisce 13 milioni di persone nel mondo e causa vaso occlusioni. Speranze da un anticorpo monoclonale
L’anemia falciforme, o drepanocitosi, è una malattia rara, causata da una mutazione genetica ereditaria dell’emoglobina, che in alcune condizioni di stress fisico, climatico e psicologico porta i globuli rossi ad assumere la forma a falce, ostacolandone il normale flusso all’interno dei vasi sanguigni.
Studi recenti su questa patologia documentano un processo multifattoriale complesso che coinvolge le altre cellule del sangue, come globuli bianchi e piastrine, così come le cellule che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni (endotelio) dove, a causa di uno stato pro-infiammatorio cronico iper-attivo, si innesca un processo di adesione multicellulare che porta a vasculopatia e vaso-occlusione. La p-selectina, una proteina di adesione cellulare iperespressa nei pazienti con anemia falciforme, svolge un ruolo centrale nelle interazioni multicellulari che possono provocare vaso-occlusione.
Si tratta di crisi dolorose che interessano torace, addome e articolazioni. Sono imprevedibili e possono rappresentare delle vere emergenze sanitarie a causa della loro rapida evoluzione e alta mortalità. Ne soffre il 39% dei pazienti, con una media di oltre 5 eventi l’anno.
Secondo quanto emerge da “SWAY” (Sickle Cell World Assessment Survey), una indagine internazionale, sponsorizzata Novartis, su oltre 2 mila pazienti affetti da malattia a cellule falciformi, che ha coinvolto diversi Paesi tra cui l’Italia, le crisi, che sono improvvise e frequenti, vengono spesso gestite nella propria abitazione (nel 24% dei casi), senza ricorrere all’assistenza medica. Come vengono affrontate? Bevendo e riposandosi (74%).
Ma le crisi vaso occlusive (VOC) e le relative complicanze rappresentano solo la punta visibile dell’iceberg: tra una crisi di dolore e l’altra il processo della vaso occlusione continua ad avere luogo e produce effetti che causano danno vascolare, conducendo a un progressivo danno agli organi con riduzione della funzionalità. Questo processo può avere un impatto sull’aspettativa di vita dei pazienti che, anche nei paesi sviluppati, è inferiore di circa 20 anni rispetto alla popolazione generale.
L’anemia falciforme è una delle malattie genetiche più diffuse al mondo: con 13 milioni di persone affette, di cui circa 40 mila in Europa, e un’incidenza tra i 300-400 mila nuovi nati ogni anno. Nel 2006 è stata riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità come un problema globale di salute pubblica e le stime internazionali prevedono un aumento al 2050 di circa il 30%.
E in Italia? I dati attualmente disponibili e pubblicati parlano di circa 2.000-3.000 persone affette (di cui il 44% di origine caucasica), ma secondo gli specialisti esiste un grande sommerso nella popolazione rappresentato dai portatori sani del difetto genetico, oltre ad un elevato numero di soggetti affetti dalla patologia tra i nuovi migranti.
Ad oggi non ci sono molte armi per combattere l’anemia falciforme e i pazienti ricorrono a trasfusioni di sangue o, per ridurre il numero di crisi, all’idrossiurea. Ma speranze arrivano dalla ricerca, come spiega la professoressa Lucia De Franceschi, Dipartimento di Medicina, Azienda ospedaliera universitaria di Verona e referente per Anemie Rare Eurobloodnet (Rete Europea malattie rare): «In Europa è stato recentemente approvato un anticorpo monoclonale che agisce su un target specifico, la p-selectina che media la adesione cellulare, prevenendo e riducendo significativamente le crisi vaso occlusive. La sua introduzione nella pratica clinica ci permetterà di valutarne anche l’impatto sulla patologia nel lungo termine così come sulla gravità delle manifestazioni cliniche che coinvolgono organi target come il polmone, il rene, il cervello, l’osso o il fegato, con una possibile ricaduta positiva sulla qualità di vita del paziente». Pazienti che aspettano con ansia farmaci che possano ridurre al minimo l’effetto delle crisi o che le possano prevenire e che potranno contare quindi a breve su un aiuto concreto.
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