Gli studiosi, attraverso una risonanza magnetica funzionale, hanno visualizzato il modo in cui i neuroni si ‘spengono’ dopo la somministrazione di un anestetico che induce la perdita di coscienza. In particolare, sono stati osservati i neuroni del talamo, ovvero quelli che inviano le informazioni sensoriali alla corteccia cerebrale affinché vengano integrate e rielaborate
La parola ‘coma’ derviva dal greco ‘kôma-atos’ che, letteralmente significa ‘sonno profondo’. Il termine, infatti, è stato utilizzato fin dall’antichità per descrivere uno stato di incoscienza in cui una persona può cadere a causa di intossicazioni, danni al sistema nervoso centrale, alterazioni del metabolismo o incidenti. Nel corso degli anni sono diverse le persone che risvegliatesi dal coma hanno potuto raccontare l’esperienza vissuta anche se, tuttavia, queste descrizioni non sono finora servite a formulare un descrizione scientificamente attendibile di ciò che accade nella mente di un essere umano quando si trova in uno stato di incoscienza. Ora, per la prima volta, gli scienziati hanno osservato e descritto il meccanismo attraverso il quale si finisce in questo ‘limbo’.
Gli studiosi in questione, attraverso una risonanza magnetica funzionale, hanno visualizzato il modo in cui i neuroni si ‘spengono’ dopo la somministrazione di un anestetico che induce la perdita di coscienza. In particolare, sono stati osservati i neuroni del talamo, ovvero quelli che inviano le informazioni sensoriali alla corteccia cerebrale affinché vengano integrate e rielaborate. Questa analisi, pubblicata sulla rivista Nature Communications dai ricercatori dell’Università del Michigan, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle radici neurobiologiche della coscienza. Lo studio mette finalmente un punto fermo dopo che per anni gli esperti si sono divisi sul meccanismo d’azione degli anestetici e, in particolare, sulla possibilità che questi farmaci spengano la coscienza agendo a livello del talamo, la struttura a forma d’uovo al centro del cervello dove arrivano gli input sensoriali, oppure a livello della corteccia cerebrale, che rielabora le informazioni sensoriali in modo più complesso.
Sottoponendo un gruppo di volontari sani alla risonanza magnetica funzionale, i ricercatori sono riusciti a ottenere la mappa dei cambiamenti che avvengono nel cervello prima, durante e dopo la sedazione con l’anestetico propofol. Hanno così scoperto che durante la sedazione profonda si verifica una drastica riduzione dell’attività di un tipo di cellule del talamo (le cellule della matrice) che inviano le informazioni sensoriali agli strati più alti della corteccia cerebrale: questo suggerisce che gli input sensoriali vengono ancora ricevuti ma non vengono integrati e rielaborati. A sorpresa, si è anche scoperto che il neurotrasmettitore inibitorio Gaba, solitamente ritenuto fondamentale per l’azione del propofol, in realtà non gioca un ruolo così importante come ipotizzato finora.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato