Abolito l’obbligo di mascherina in classe, ma c’è chi la indosserà ugualmente, lo psicologo: «Aiuta a sentirsi più al sicuro». Altra novità dell’anno scolastico 2022-23 è la riapertura delle mense, ma l’esperto avverte: «Attenzione all’inquinamento acustico. La pandemia ci ha disabituati al caos»
Dopo oltre due anni di obbligo, torna finalmente la prima campanella senza mascherina. Ma quanti varcheranno, effettivamente, il cancello con il volto scoperto? «Aldilà delle persone fragili a cui è consigliato l’utilizzo del dispositivo di protezione individuale, è molto probabile che anche altri studenti decideranno di indossare ugualmente la mascherina, allo scopo di sentirsi più al sicuro», dice Cristian Pagliariccio, psicologo, membro dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
Già durante la scorsa primavera, quando l’allentamento delle restrizioni aveva cancellato l’obbligo della mascherina in alcuni luoghi, infatti, non era infrequente incontrare persone che continuavano ad indossarla. Un’abitudine così diffusa da aver spinto numerosi psichiatri a definire la mascherina una coperta di Linus, capace non solo di proteggere dal virus, ma anche di lenire l’ansia.
«Proprio in virtù di questa sua “proprietà” calmante, è bene che chiunque senta l’esigenza di indossarla – aggiunge Pagliariccio – continui a farlo». In ogni caso, per ora siamo di fronte ad una sorta di “libertà vigilata”, poiché se dovessero verificarsi casi di positività al Covid-19, scatterebbe l’obbligo di indossare la Ffp2 per tutti i componenti della classe coinvolta. Le prime settimane saranno un banco di prova: se la curva dei contagi dovesse risalire, allora potrebbero tornare in vigore le vecchie restrizioni. Intanto è assicurato il via libera all’ingresso a scuola anche se raffreddati, ma solo in presenza di sintomi lievi e indossando obbligatoriamente la mascherina.
Altra novità dell’anno scolastico 2022-23 è la riapertura delle mense, inaccessibili sin dall’inizio della pandemia. «Agli studenti verrà finalmente restituito un momento importante di convivialità, socialità e condivisione. Ma anche in questo caso ci vorrà qualche tempo affinché docenti e discenti possano riadattarsi – avverte lo psicologo -. Le mense sono ambienti ad alto inquinamento acustico, causato sia dall’utilizzo delle stoviglie, che dall’inevitabile vociare. Rumori capaci di generare una vera e propria confusione cognitiva che necessita di una successiva mezz’ora di relax per essere attutita. Per questo – aggiunge Pagliariccio – è consigliabile che tutti gli insegnanti guidino i propri studenti ad abbassare i toni al rientro in classe dopo la pausa pranzo, per ritrovare la giusta concentrazione e ricominciare le attività didattiche».
A prescindere che si riprendano o meno le vecchie abitudini, al suo della campanella ci sarà sempre chi avrà l’ansia da primo giorno, genitore, studente o docente che sia, e chi invece non vedrà l’ora di riabbracciare i propri amici. In ogni caso, non mancheranno le emozioni, tutte travolgenti e, spesso, difficili da contenere.
L’ansia da prestazione dei più grandi potrebbe essere lenita da un inizio graduale, proprio come l’ansia da separazione, tipica dei più piccoli, è tenuta a bada dal cosiddetto “inserimento”, che garantisce un ingresso progressivo nelle aule della scuola dell’infanzia. «Lasciare ad ogni studente il tempo di adattarsi all’interno dell’edificio scolastico e del gruppo classe è fondamentale anche per garantire il successo dell’intero anno, sia a livello didattico, che sociale – spiega lo specialista -. Il primo periodo, quello in cui ci si ambienta e ci si abitua al nuovo contesto, quello in cui il bambino o l’adolescente si troverà a trascorrere la maggior parte del suo tempo, è il più importante di tutti e, come tale, va affrontato con cura».
«Ideale sarebbe progettare degli inserimenti ad personam – dice lo psicologo -, ma laddove questo non fosse possibile, sarebbe comunque necessario dedicare i primi giorni ad attività di orientamento e ludiche, più che didattiche, così da consentire a bimbi e ragazzi di prepararsi alla novità ed imparare a sentirsi “in famiglia”. Per molti, soprattutto coloro che frequentano a tempo pieno – conclude -, la scuola diventa una seconda casa a tutti gli effetti, per nove mesi su dodici».
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