Uno studio europeo, coordinato dall’Italia, mette in guardia dall’uso eccessivo di antibiotici: coinvolti 39 centri pediatrici di 6 Paesi europei, arruolati oltre 290 lattanti nei primi 4 mesi di vita, con una malformazione congenita rara ai reni (reflusso vescico-ureterale)
«La profilassi antibiotica, pratica comunemente utilizzata nei bambini nati con malformazioni congenite dei reni e delle vie urinarie, riduce da un lato il rischio di infezioni urinarie, ma dall’altro non modifica nel tempo il rischio del danno renale. Anzi, al contrario aumenta le infezioni da germi aggressivi. Per diminuire i rischi legati all’antibiotico-resistenza, l’utilizzo di questi farmaci deve essere limitato ai pazienti con infezioni ricorrenti». L’indicazione arriva dallo studio europeo Predict, pubblicato sul “New England Journal of Medicine” e guidato dall’Italia. I coordinatori del lavoro sono Giovanni Montini, docente di Pediatria dell’Università Statale di Milano e direttore della Struttura complessa di Nefrologia e Dialisi pediatrica, Trapianti di rene del Policlinico meneghino, e William Morello del suo staff.
«I bambini nati con malformazioni congenite a reni e vie urinarie, spiegano i ricercatori dell’Università Statale di Milano – sono ad alto rischio di insufficienza renale, dialisi e trapianto di rene. Questi piccoli sviluppano infatti molte infezioni sintomatiche delle vie urinarie (pielonefriti), che potrebbero lasciare cicatrici renali e peggiorare la funzione dei reni nel tempo. Per molti decenni sono stati quindi sottoposti a profilassi antibiotica prolungata, con la somministrazione di piccole dosi quotidiane di antibiotico per anni, per cercare di ridurre le infezioni e preservare la funzione renale. Tuttavia, nessuno studio prima di questo aveva stabilito se la pratica servisse realmente».
La ricerca, finanziata dal ministero della Salute italiano e dalle onlus il Sogno di Stefano e l’Associazione per il bambino nefropatico, ha coinvolto 39 centri pediatrici di 6 Paesi europei, arruolando oltre 290 lattanti nei primi 4 mesi di vita, con una malformazione congenita rara ai reni (reflusso vescico-ureterale). I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi, di cui solo uno ha seguito la profilassi antibiotica per 2 anni. Tutti i bimbi sono stati strettamente monitorati e trattati per eventuali infezioni urinarie.
Nel dettaglio, come si legge in una nota, i risultati indicano che la profilassi antibiotica riduce il rischio di infezioni delle vie urinarie di circa il 15%, e che la maggior parte (2 su 3) dei bambini con reflusso vescico-ureterale non sviluppa infezioni. Tuttavia, allo stesso tempo la profilassi non modifica il rischio di danno renale o di riduzione della funzione renale dopo 2 anni, e aumenta le infezioni da germi aggressivi come Pseudomonas aeruginosa e lo sviluppo di resistenze antibiotiche. Il lavoro chiarisce inoltre il rapporto tra cicatrici renali e infezioni delle vie urinarie, dimostrando come queste alterazioni dei reni siano spesso congenite e non abbiano una relazione con l’infezione.
«I risultati di questo studio – commenta Montini – rappresentano il coronamento di un progetto, iniziato molti anni fa, mirato a offrire una risposta definitiva rispetto all’utilità di una pratica molto diffusa come la profilassi antibiotica. I nostri dati quantificano per la prima volta il suo effetto e ci fanno capire come possa essere riservata a chi soffre di infezioni ricorrenti, risparmiando lunghe terapie e molte visite ospedaliere in gran parte di questi bambini. Ancora più importante – rimarca il coordinatore della ricerca – è l’impatto sullo sviluppo di resistenze batteriche. L’uso incontrollato di antibiotici rappresenta una vera emergenza medica della nostra epoca: si stanno infatti selezionando batteri sempre più resistenti agli antibiotici attualmente disponibili, per i quali potremmo non avere più terapie efficaci. I dati del nostro studio – auspica Montini – cambieranno l’approccio gestionale di questi pazienti».
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