Nel 2030 ci saranno 10 milioni di morti per infezioni ospedaliere resistenti agli antibiotici. «L’OMS ha fatto questa previsione da circa due anni, adesso serve strategia mondiale» così Massimo Andreoni, Direttore U.O.C. Malattie infettive a Tor Vergata e Direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali
«Batteri resistenti agli antibiotici? Si tratta di un problema ampiamente segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha stimato 10 milioni di morti nel 2030 per questa emergenza. Per questo, almeno per adesso, l’Italia indossa la maglia nera» così Massimo Andreoni, Direttore del reparto Malattie infettive Tor Vergata e Direttore Scientifico della Società Italiana di malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) commenta il caso del super batterio delle Canarie che ha infettato una dozzina di turisti nordeuropei e che minaccia di diffondersi in tutta Europa.
«Si chiama Klebsiella pneumoniae ed è uno dei 12 batteri killer segnalati dall’OMS per l’alta resistenza agli antibiotici – prosegue il Professor Andreoni -. La preoccupazione adesso è che questo germe si possa diffondere, purtroppo sì, questo può accadere».
L’allarme è stato lanciato dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) che nella valutazione del rischio ha consigliato agli ospedali dei Paesi europei di considerare con attenzione, al momento del ricovero di un paziente, la cronologia dettagliata di tutti i viaggi fatti nell’ultimo periodo. «Questo genere di batterio – aggiunge il Professore -, è molto temuto perché ha una grande capacità di sviluppare resistenza. Basta pensare che in Italia il 34% di tutte le Klebsielle pneumoniae presenti negli ospedali sono resistenti agli antibiotici».
La Klebsiella colpisce prevalentemente l’apparato gastrointestinale, l’epidermide e il tratto respiratorio superiore e può essere causa di infezioni polmonari, urinarie e delle vie biliari, soprattutto «quando si tratta di pazienti fragili o immunodepressi – prosegue Andreoni -. Questo batterio, come altri in circolazione nelle strutture ospedaliere, ha la capacità di trasmettere resistenza agli antibiotici anche agli altri batteri, questo determina l’espansione massiccia del fenomeno».
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L’Ecdc fa sapere che il batterio è molto diffuso nei Paesi in via di sviluppo e nell’Europa meridionale e orientale «ma non solo negli ospedali – sottolinea il Professore -, anche nelle strutture di lunga degenza e nelle case di cura per gli anziani».
Un allarme sanitario che preoccupa, ma esistono delle soluzioni? «Certamente – risponde il Direttore -. Esistono dei protocolli ben strutturati, per esempio il Policlinico Tor Vergata aderisce a queste misure, ma non serve che un solo ospedale rispetti le indicazioni per il controllo delle infezioni ospedaliere, occorre una strategia globale».
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«L’Italia sta cominciando seriamente ad affrontare questa emergenza – conclude -, il Ministero della Salute ha realizzato un programma generale per la lotta alla antibiotico-resistenza che affronta tutte le diverse tematiche legate a questo fenomeno. Certamente per affrontare il problema bisogna muoversi a tutto campo, io ritengo fondamentale che lo specialista delle malattie infettive debba diventare l’elemento centrale per l’appropriatezza dell’uso degli antibiotici, il suo ruolo è fondamentale e serve che sia maggiormente preso in considerazione all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Infatti, è difficile pensare che oggi un ospedale possa affrontare il problema delle infezioni correlate all’assistenza senza usufruire di uno specialista di Malattie Infettive».