In occasione della Giornata Europea degli Antibiotici gli infettivologi italiani, riuniti in occasione del Congresso internazionale “(R)evolutions in infectious diseases. Immunity and Pharmacology”, puntano i riflettori sull’ antibiotico-resistenza tra i pazienti oncologici e sulle strategie per contrastarla
Un paziente oncologico su 5, oltre ad affrontare il calvario delle terapie contro il cancro, è costretto a ricoverarsi per far fronte ad un altro nemico, altrettanto temibile: le infezioni antibiotico-resistenti. Tra questi pazienti la mortalità è tre volte più alta rispetto al resto della popolazione e per un malato oncologico contrarre una grave infezione antibiotico-resistente può significare dover sospendere le cure o far fronte a numerose complicanze post-operatorie.
A fare il punto sull’antibiotico-resistenza tra i pazienti oncologici e sulle strategie per contrastarla sono stati i ricercatori dell’Università del Texas Southwestern, impegnati in una review di 223 studi, pubblicata sulla rivista American Cancer Journal for Clinicians dell’American Cancer Society. La review è stata commentata anche dagli infettivologi italiani in occasione del Congresso internazionale “(R)evolutions in infectious diseases. Immunity and Pharmacology”, co-organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini, l’Università di Torino, l’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino e l’Ospedale Cardinal Massaia di Asti, alla vigilia della Giornata europea degli antibiotici, in programma per il 18 novembre. L’appuntamento si inserisce nell’ambito della settimana mondiale dedicata alla consapevolezza antimicrobica, promossa fino al 24 novembre, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme alla FAO e alla Word Organization for Animal Health.
Ogni anno, in Italia, sono 11 mila le persone che perdono la vita proprio a causa dell’antibiotico-resistenza, un problema irrisolto e per il quale, da tempo, l’OMS ha lanciato ripetuti allarmi. «C’è un’emergenza nell’emergenza anche in Italia, in analogia a quanto riferito dallo studio pubblicato sulla rivista dell’American Cancer Society – dice Giovanni Di Perri, co-presiedente del Congresso e ordinario di Malattie Infettive al dipartimento di Scienze mediche dell’Università di Torino e direttore della Divisione Universitaria di Malattie infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino -. Nonostante la corretta prevenzione in ambienti come day hospital e ambulatori infusionali c’è, nel nostro Paese, un trend in crescita di pazienti con cancro affetti da gravi infezioni ospedaliere, che hanno una mortalità con un rischio triplo di mortalità in questi malati già fragili».
Un tasso di mortalità più alto per antibiotico-resistenza nei pazienti oncologici, in particolare con neoplasie ematologiche deriva da diversi fattori. «Innanzitutto – spiega Di Perri -, per le ridotte difese dovute alla malattia stessa, poi per la compresenza di più malattie o indotte dalla chemioterapia, che può provocare una forte riduzione dei globuli bianchi. Inoltre, i malati di cancro hanno un rischio aumentato per le più frequenti complicanze post-chirurgiche di interventi legati al tumore o perché costretti a degenze ospedaliere lunghe e ripetute e sottoposti a procedure medico-chirurgiche invasive come, ad esempio, cateteri venosi centrali o biopsie. L’impatto sulla mortalità dell’antibiotico-resistenza in ambito oncologico è dirompente anche perché i malati di tumore sono più colpiti da infezioni gravi polmonari e delle vie urinarie, dovute soprattutto a patogeni come Klebsiaella Pneumoniae, Acinetobacter e Pseudomonas».
Non solo i pazienti oncologici, ma l’intero mondo è a rischio per il moltiplicarsi dell’antibiotico-resistenza. Secondo un rapporto pubblicato quest’anno su Lancet, ogni anno sono oltre 1,2 milioni le persone morte a causa di infezioni antibiotico-resistenti, quasi 5 milioni quelle che perdono la vita per cause indirette collegate al medesimo fenomeno. È solo l’antibiotico giusto, somministrato al momento giusto, a poter fare la differenza tra la vita e la morte per qualunque paziente con una grave infezione batterica, ancor di più se si tratta di malati di cancro. «Se il trattamento antibiotico viene ritardato, l’infezione progredisce, rendendo la guarigione lunga e difficile, con ripercussioni sulla cadenza dei cicli di chemioterapia, fino a una pericolosa paralisi delle cure oncologiche che comporta progressione della malattia, lunghi ricoveri, bassa qualità di vita del paziente e dei familiari, fino all’aumento del rischio di mortalità – avverte Di Perri -. Ma fornire l’antibiotico giusto al momento giusto è un processo complesso che deve affrontare barriere diverse ed è influenzato da fattori economici, normativi e sociali che si traducono in un accesso non tempestivo ai nuovi farmaci».
«Oggi sono già disponibili alcuni nuovi antibiotici efficaci contro i germi multiresistenti, ma il pronto accesso dei pazienti a questi nuovi trattamenti non è sempre facile. L’attuale politica di uso puramente limitato degli antibiotici recentemente approvati è di bassa prospettiva, non si è rivelata efficace e minaccia di compromettere il loro contributo e lo sviluppo di nuove opzioni. Chiaramente – precisa Di Perri – il destino di ogni antibiotico è quello di selezionare nel tempo i germi ad esso resistenti, ma se ben impiegato possono avere una vita prolungata che ci permette nel frattempo di sintetizzare nuove molecole che andranno a sostituire le vecchie. Un uso responsabile e tempestivo dei nuovi antibiotici – conclude – può migliorare la nostra efficienza nella lotta contro la minaccia dell’antibiotico-resistenza e contribuire a salvare la vita dei pazienti ed a evitare conseguenze disastrose per il nostro sistema sanitario e per la salute pubblica».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato