Intervenire subito dopo l’infarto, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, abbassa i livelli di colesterolo LDL fino al 70%. Questo è quanto emerso da uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con 217mila decessi all’anno, di cui oltre 30.000 in Lombardia, di questi 3.300 dovuti a infarto. Con 1 paziente su 5 a rischio di un secondo evento cardiovascolare entro il primo anno dopo un infarto, il colesterolo LDL (C-LDL) rappresenta un fattore modificabile fondamentale per prevenire nuovi eventi. Tuttavia, l’80% dei pazienti non raggiunge i livelli raccomandati, esponendosi a possibili recidive. La buona notizia emerge dalle evidenze dello studio italiano AT TARGET-IT coordinato da Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli e presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia), che ha coinvolto anche l’Ambulatorio Dislipidemie di Cardiologia IV ASST GOM (Grande Ospedale Metropolitano) Niguarda.
I dati dello studio che ha coinvolto 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani, sono stati recentemente pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology e dimostrano l’efficacia dell’approccio “colpisci presto, colpisci forte”: intervenire subito dopo l’infarto, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, abbassa i livelli di colesterolo LDL fino al 70%. Il 68% dei pazienti ha raggiunto l’obiettivo raccomandato di C-LDL (55 mg/dL) già al primo controllo offrendo così una protezione efficace e sicura nella delicata fase post-infarto. “I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio“, afferma Perrone Filardi. “Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari. Tutti i pazienti dopo l’infarto – continua – dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia“.
Il registro italiano AT TARGET-IT dimostra per la prima volta nella pratica clinica una chiara correlazione: più basso è il livello di LDL, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari, con benefici evidenti già dopo 11 mesi. Infatti, i pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di C-LDL (55mg/dL) hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a quelli che non l’hanno raggiunto e che hanno livelli superiori. Il beneficio si è dimostrato ancora superiore per chi ha livelli di colesterolo LDL sotto i 43 mg/dL e massimo per chi scende sotto i 23 mg/dL. Questi risultati confermano che abbassare il colesterolo LDL in modo intensivo subito dopo un infarto è sicuro ed efficace con significativi benefici per ridurre il rischio di recidive.
L’ambulatorio Dislipidemie di Cardiologia IV dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda ha partecipato allo studio AT TARGET-IT adottando un protocollo che ha permesso la gestione del trattamento con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 nell’ambulatorio ospedaliero con un monitoraggio regolare dei pazienti attraverso controlli programmati per valutare l’efficacia, la sicurezza e l’aderenza al trattamento. Questo approccio è stato applicato a pazienti che, nonostante la terapia standard, non avevano raggiunto livelli ottimali di colesterolo LDL. “Abbiamo monitorato 150 pazienti con controlli regolari – spiega Piera Angelica Merlini, responsabile dell’ambulatorio Dislipidemie Cardiologia IV ASST GOM Niguarda – e i risultati sono stati molto incoraggianti: abbiamo ottenuto una riduzione del 65% del colesterolo LDL e il raggiungimento dei livelli di C-LDL target nel 70% dei pazienti. Questi dati sono stati ulteriormente confermati dall’approccio intensivo ‘colpisci presto, colpisci forte’ adottato negli altri centri partecipanti allo studio”.
L’efficacia dell’impiego degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 dipende in modo significativo anche dall’aderenza alla terapia. Secondo la letteratura scientifica, solo circa 5 pazienti su 10 (45,9%) a rischio molto alto e 3 su 10 (30,2%) a rischio medio seguono regolarmente una terapia ipolipemizzante tradizionale. “L’aderenza al trattamento con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 si distingue rispetto alle terapie ipolipemizzanti tradizionali, raggiungendo il 98%”, prosegue Merlini. “I pazienti hanno una percezione differente di questa terapia, sia per la modalità di somministrazione, iniettiva sottocutanea, sia per il profilo di sicurezza a lungo termine. Inoltre, l’elevata aderenza – continua – è facilitata dalla disponibilità di accesso garantita dalla Regione Lombardia, che consente a tutti i centri accreditati di prescrivere e gestire gli anticorpi monoclonali inibitori di Pcsk9 in base alle necessità cliniche del paziente”.
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