Prevete (Uneba Piemonte) a Sanità Informazione «Mancano risorse e programmazione. Dopo il Covid occorre rivedere la filiera delle RSA per sostenere la domiciliarità degli anziani»
Più attenzione agli enti no profit, necessità di nuovi servizi diurni e residenziali per gli anziani e più risorse. Questo il messaggio di Uneba, associazione di categoria del settore sociosanitario con oltre mille enti a vocazione cattolica in Italia, inviato al Governo per migliorare la condizione di milioni di anziani e soggetti fragili.
In particolare, all’indomani del convegno che si è tenuto a Torino su tutela dei soggetti non autosufficienti e della cronicità, il presidente di Uneba Piemonte, Amedeo Prevete, ha evidenziato che il settore è in crisi e la pandemia non ha fatto altro che esacerbare problemi latenti che risalgono ai primi anni 2000. «Il Covid ha amplificato una situazione che in realtà era già presente da anni – spiega -. In particolare, la carenza di risorse umane sanitarie e sociosanitarie aveva toni accesi già prima del 2020, ma è esploso negli ultimi anni in maniera più violenta. E tra le regioni del nord, il Piemonte è tra le più interessate».
Il grosso limite che denuncia Prevete, in particolare per la Regione che rappresenta come Uneba, è la programmazione in riferimento al fabbisogno del personale sanitario e sociosanitario, ma anche di modelli di assistenza sociosanitaria. «In Piemonte il numero di posti letto per anziani non autosufficienti è di circa 50 mila, la Regione interviene su circa un terzo (una media di 15 mila), mentre i restanti due terzi sono coperti dalle famiglie che provvedono in proprio al pagamento dei servizi – ammette -. Quindi l’investimento della Regione Piemonte è inferiore rispetto ad altre regioni come Lombardia e Veneto. Un gap a cui ha sopperito il sistema sociosanitario piemontese no profit di ispirazione cattolica con qualunque altra forma di finanziamento e con il sostegno degli utenti che, il più delle volte, hanno pagato di tasca propria il servizio».
Affinché nuove progettualità possano essere messe a terra occorre prima di tutto però superare i limiti e le restrizioni ancora oggi presenti in molte residente per anziani. «Quanto accaduto nel periodo Covid ha segnato profondamente il settore – ammette Prevete -. Questo non significa però che le RSA debbano continuare ad essere luoghi proibiti per parenti e familiari perché, eccessive restrizioni, non fanno bene alla psiche degli ospiti. Uneba negli ultimi mesi ha cercato di alleggerire i divieti e oggi l’apertura è pressoché identica al periodo antecedente il Covid. L’unico limite ancora in vigore è rappresentato dall’obbligo delle mascherine per operatori e parenti, imposte da una norma in vigore fino al prossimo 30 aprile».
In un Paese destinato ad essere sempre più anziano, dunque, occorre rivedere la programmazione, non solo delle risorse destinate alle strutture per non autosufficienti, ma anche le filiere connesse al mondo delle RSA. «In particolare – punta il dito Prevete – occorre sviluppare un servizio per andare incontro a tutte quelle forme di residenzialità leggere e a forme di domiciliarità che sono sempre più diffuse e che oggi in Piemonte hanno numeri non compatibili con i bisogni». Il Presidente di Uneba Piemonte, anche ai vertici di Fondazione Cottolengo, una delle realtà storiche piemontesi di assistenza agli anziani, ha ricordato l’impegno di Regione Piemonte in funzione della legge Delega del PNRR. «Oggi l’interesse di tutti è rivolto alla chiusura di pacchetti per ottenere fondi, ma occorre aver chiaro l’obiettivo che dovrebbe essere raggiunto con quei fondi», sottolinea.
«Esiste da sempre un tema di contrapposizione tra residenzialità e domiciliarità che in prospettiva futura deve essere superato», puntualizza il Presidente. Proprio in questa direzione Uneba porta avanti un progetto di domiciliarità essenziale per il futuro. «Oggi c’è un vuoto che riguarda molti anziani non autosufficienti di grado lieve, il cui posto non è la RSA, ma una assistenza a domicilio al fine di tutelare la loro salute e annullare o allungare nel tempo il bisogno di una struttura residenziale – ammette Prevete -. Manca quindi un tassello e su quello stiamo lavorando».
Dal mondo no profit, dunque, l’invito rivolto al Governo è di essere parte di un tavolo di lavoro per migliorare il settore. «Grazie alla nostra lunga esperienza potremmo essere attori nella programmazione – aggiunge Prevete che come direttore generale delle opere socioassistenziali del Cottolengo, vanta molta esperienza nella gestione delle persone non autosufficienti e della cronicità-. Tra i nostri obiettivi un pronto intervento domiciliare».
Nelle RSA si possono dunque innestare nuovi percorsi di cura domiciliare e ambulatoriale per dare risposte a bisogni che oggi, quando insorgono, vengono gestiti solo dal Pronto Soccorso. «La risposta potrebbe essere la casa di comunità e l’ospedale di comunità e il modello da inseguire è quello inglese – sottolinea -, ovvero una via di mezzo tra ospedale e residenzialità».
Un modello che in Piemonte ha già avuto una fugace apparizione in passato con i letti di prossimità in cui si davano setting di cura sociosanitaria elevati perché il paziente entrava in una fase acuta di malattia, ma era gestito dal medico curante per la parte medico clinica e dall’ospedale per il supporto diagnostico, il tutto con una procedura più snella. Allo stesso modo le RSA più strutturate potrebbero essere candidate a diventare ospedali di comunità. Oggi questo esperimento è oggetto di studio e di attenzione in Regione Piemonte, anche con l’ausilio di nuove tecnologie».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato