«La sindrome delle apnee notturne ha costi sociali e sanitari molto elevati». Così il Professor Francesco Peverini, Presidente della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, che spiega: «Necessaria una diagnosi corretta e precoce»
«La Sindrome delle Apnee Notturne è caratterizzata non solo da rumore respiratorio (il russamento) ma da un importante quadro clinico con conseguenze di tipo metabolico, cardiorespiratorio e neurologico. Gran parte della popolazione affetta da questa patologia (definita OSAS, da Obstructive Sleep Apnea Syndrome) non sa però di soffrirne ed i numeri sono allarmanti: in alcune fasce d’età risulta affetta da OSAS una percentuale di popolazione superiore al 20%, sia per il sesso maschile che per quello femminile ed in generale la patologia determina ripercussioni molto gravi sull’incidenza di importanti complicanze mediche come infarto, aritmie e ictus. L’OSAS colpisce circa la metà dei soggetti obesi e tra il 40 e il 50% di chi è affetto da una qualsiasi patologia cardiaca oltre al 70-80% dei pazienti diabetici. Numeri a dir poco impressionanti». Così a Sanità Informazione il Prof. Francesco Peverini, Presidente della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, sul problema delle apnee ostruttive del sonno e sui suoi costi sanitari e sociali.
«Studi recenti – continua il Professor Peverini – calcolano purtroppo che in Italia il 90% circa dei pazienti con OSAS non è diagnosticato né curato. Probabilmente, se non si ridurrà la distanza tra l’offerta diagnostica e terapeutica ed i bisogni della popolazione, gran parte di queste persone non riceveranno mai l’indicazione ad effettuare uno studio Polisonnografico, ovvero l’unico esame diagnostico che consente di identificare con certezza l’eventuale esistenza e l’entità delle apnee notturne. La mancata diagnosi rappresenta attualmente il vero costo della malattia con una spesa (dati del Ministero della Salute) che si aggira intorno ai 6 miliardi di Euro per anno (costi sanitari e sociali). Troppo spesso i disturbi del sonno vengono trattati con leggerezza, come banali problemi di benessere la cui soluzione può essere tranquillamente differita e non come questioni di salute pubblica».
«Effettuare una diagnosi corretta e precoce della Sindrome delle Apnee Notturne – spiega ancora il Professor Peverini – è semplice ma non può prescindere da una valutazione strumentale condotta per l’intera durata della notte. Anche per questo aumentare la percentuale di soggetti diagnosticati rappresenta una sfida per chi si occupa di sonno e un problema molto serio non solo per i medici ma anche per chi si occupa di assistenza sanitaria pubblica e per le compagnie assicurative, a causa dell’elevata percentuale di incidenti alla guida di autoveicoli o nel lavoro, causati da colpi di sonno. Poiché non è possibile sottoporre milioni di soggetti ad esame polisonnografico, prima di avviare un paziente al percorso diagnostico è necessario verificare l’esistenza di diverse condizioni, tra cui risultano fondamentali: russamento abituale e persistente; pause respiratorie nel sonno (riferite da partner di letto o da familiari e amici); risvegli con senso di soffocamento; sonnolenza diurna. A questi segnali vanno aggiunti il riscontro di sovrappeso o obesità (con indice di massa corporea superiore a 29), la circonferenza del collo (superiore a 43 cm negli uomini e 41 nelle donne), alterazioni cranio-facciali ed anomalie oro-faringee (situazioni anatomiche che determinano una riduzione del calibro delle prime vie aeree) e la coesistenza di alcune importanti patologie come l’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete, la bronchite cronica, l’insufficienza renale».
«Per polisonnografia – prosegue – si intende un esame caratterizzato da diversi gradi di complessità che vanno da un monitoraggio cardiorespiratorio completo notturno alla polisonnografia notturna con sistemi oggi portatili, fino a recenti strumenti di diagnosi che utilizzano una tecnologia molto sofisticata che consente test domiciliari semplici ed estremamente indicativi di diagnosi di OSAS. Questa apparecchiatura, WatchPAT, funziona fondamentalmente su un segnale di tono arterioso periferico registrato sull’estremità di un dito (Peripheral Arterial Tone) che misura le variazioni del volume arterioso sul polpastrello, riflettendo l’attivazione del sistema nervoso simpatico. Uno specifico algoritmo basato su più parametri registrati contemporaneamente, associato ad una attenta analisi dei fenomeni respiratori in sonno, fornisce quindi – con un impegno più contenuto in termini di risorse umane e strumentali – uno screening di alto livello, a cui è possibile far seguire una visita dallo specialista del sonno per una diagnosi definitiva. Elementi di non poco conto, considerando quanto questo tipo di diagnosi (e di successive scelte terapeutiche multidisciplinari) necessiti di personale medico altamente specializzato».
«Se, dopo aver effettuato tutti i controlli del caso, il paziente risulta effettivamente affetto da OSAS, è necessario conoscere quali sono i vari momenti terapeutici. L’OSAS è una patologia di interesse multidisciplinare, in altre parole che esige azioni diagnostiche e terapeutiche coordinate da un clinico e diversi specialisti allo scopo di garantire un intervento completo per le persone di tutte le età. Sarà quindi fondamentale impostare una corretta igiene alimentare e una eventuale riduzione del peso corporeo, un controllo dei fattori di rischio cardiovascolari (diabete, dislipidemie e ipertensione arteriosa in primis). In secondo luogo si procederà a terapie più specifiche, come la terapia posizionale (nel caso l’OSAS si sviluppi solo o prevalentemente quando il paziente dorme in una determinata posizione), l’utilizzo di dispositivi intra-orali (che aumentano lo spazio respiratorio nel cavo orale), la CPAP (che prevede l’immissione continua di aria nei polmoni del paziente). Un’altra possibilità da tenere in considerazione è infine la soluzione chirurgica. In ogni caso è necessario immaginare un piccolo cambiamento nello stile di vita, come del resto accade per quasi tutte le patologie croniche. Fondamentale – conclude il Professor Peverini –, sia nella prevenzione che nella diagnosi, è la formazione del personale sanitario, dal medico di base allo specialista, agli infermieri, ai tecnici di neurofisiopatologia e a tutti coloro che si occupano del paziente affetto da OSAS».