In occasione Giornata Mondiale dell’Udito che ricorre il 3 marzo, Arianna di Stadio, docente all’Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, spiega cos’è l’acufene e quali le possibili cause
Bisogna fare molta attenzione ai segnali che arrivano dalle nostre orecchie, perché alcuni potrebbero essere «spie» di malattie più gravi. Come per l’acufene, meglio conosciuto come fischio nell’orecchio. Questo è l’avvertimento lanciato da Arianna di Stadio, docente all’Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, in occasione della Giornata Mondiale dell’Udito che ricorre il 3 marzo. «Gli acufeni sono un problema che nel corso della vita intera – spiega l’esperta – possono affliggere tutta la popolazione. La percezione di udire un suono che in realtà non è presente è un evento molto comune e almeno per una volta tutti gli esseri umani hanno avuto esperienza con questo problema. Ma attenzione alle malattie neurodegenerative che hanno come sintomo proprio l’acufene».
«La percezione dei suoni e della voce – spiega Di Stadio – è un processo complesso che inizia nell’orecchio. Le cellule dell’orecchio una volta stimolate da un suono, ad esempio un clacson, si muovono generando un impulso nervoso che arriva al cervello dove poi il clacson viene identificato. Nel caso dell’acufene manca lo stimolo uditivo esterno e le cellule si muovono da sole generando questi suoni fantasma. Questa motilità senza stimolo è indicativa della sofferenza della cellula, può manifestarsi in seguito ad un trauma acustico, come primo segno di presbiacusia (fenomeno fisiologico dell’invecchiamento dell’udito) e in varie altre condizioni che alterano il micro-ambiente dell’orecchio. Questo fenomeno è però transitorio, infatti le cellule o recuperano il loro benessere o muoiono e l’acufene sparisce».
Diverso è quando l’acufene è persistente. «Questa persistenza – spiega Di Stadio – è causata dall’infiammazione dell’area uditiva nel cervello (neuro-infiammazione) a seguito dello stimolo periferico proveniente dall’orecchio. Se le cellule dell’orecchio muoiono non possono più inviare segnali, quindi l’acufene dovrebbe sparire. In alcuni soggetti però questo iperstimolo può causare l’infiammazione della specifica area di quel suono nel cervello, che rimane attiva anche in assenza di stimolo dall’orecchio. Sappiamo infatti che alcune malattie come la sclerosi multipla possono dare come sintomo l’acufene».
«Ci sono però varie metodologie per trattare il problema in base alla sua origine. Nel caso di un problema di invecchiamento – continua l’esperta – ci si può proteggere usando degli integratori, se il danno è causato dall’esposizione cronica ai rumori occorre usare le protezioni uditive. Quando il problema è di origine centrale, innanzitutto occorre escludere i problemi neurologici come la sclerosi multipla, poi si può trattare il problema usando metodologie in grado di contrastare la neuro-infiammazione». Attualmente Di Stadio sta studiando una serie di molecole anti-neuroinfiammazione per trattare i pazienti che presentano un acufene persistente (sopra i 6 mesi). «Il mio consiglio – conclude l’esperta – è non trascurare il fischio all’orecchio, specialmente se persistente e non occasionale; se non sparisce entro 72 ore, rivolgetevi allo specialista che potrà così suggerire il trattamento migliore ed evitare che diventi cronico».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato