La giovane cantante e musicista torinese, che all’Ariston suona l’arpa in “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno” accanto al cantautore romano, racconta la sua esperienza nella città dei fiori e rivela: «Ho pianto la prima volta che ho ascoltato il testo della canzone»
È un palco capace di far tremare i polsi anche all’artista più navigato, figuriamoci a chi lo calca per la prima volta. Ma l’Ariston di Sanremo, in questi giorni di Festival capitale della musica italiana, non ha fatto paura a Cecilia Lasagno, arpista di Max Gazzè che accompagna il cantautore romano in “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”, canzone che narra del mito di Pizzomunno, giovane pescatore di Vieste innamorato della bella Cristalda e tramutatosi in pietra dopo l’uccisione della sua amata ad opera delle sirene. Per la Lasagno all’attivo una lunghissima gavetta, un disco di inediti, e tante esperienze all’estero prima di sbarcare al festival targato Baglioni. Cecilia racconta a Sanità Informazione come è riuscita a vincere lo “stress da Sanremo” e le proprietà benefiche dell’arpa, strumento «che occupa tanto spazio sonoro» e dunque capace di isolare dall’esterno.
Cecilia, quanto è stato emozionante salire sul palco del Festival?
«L’emozione è stata grandissima. La manifestazione fisica è stata un tremore di un’oretta buona. In generale è stato molto molto emozionante anche perché è una cosa improvvisa: tu vai lì, in un minuto sei vestito, splendente, pronto per iniziare. Io sono nella posizione privilegiata di musicista accompagnatrice quindi non devo fare niente, tranne cercare di non rovinare il lavoro altrui. È stata un’emozione pazzesca, posso immaginare quelli in gara come si possano sentire».
Com’è nata la collaborazione con Max Gazzè?
«Gli serviva un’arpista e qualcuno tra i suoi collaboratori ha pensato a me. Gliel’hanno proposto e lui mi ha scelto. Sono molto contenta, è da un po’ che provo ad usare l’arpa in ambienti diversi da quelli della musica classica e questa volta ha funzionato proprio bene. Una gran botta di fortuna».
Lo stress da festival come si vince?
«Sto facendo varie respirazioni, sono un po’ ‘fricchettona’ in questo. Sto prendendo gocce di eleuterococco, cose così. In realtà sto cercando di stare tranquilla perché qua tutti sono estremamente concentrati, è una settimana di lavoro intenso per chiunque sia e ogni tanto una cosa che mi aiuta è cercare di vedere la situazione da fuori e dire: ‘questa è una settimana di grande divertimento e quindi posso stare tranquilla, non sono in una posizione di difficoltà’. Questo mi aiuta molto».
Per te è la prima volta all’Ariston?
«Sì. È la prima volta in tv, è la prima volta che accompagno un artista con cui sono contenta di collaborare, è la prima volta che mi viene chiesta di fare una cosa del genere in una canzone, è la prima volta che mi devo vestire da femmina tutti i giorni, è la prima volta che faccio tutte queste interviste».
La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, a cui si ispira la canzone di Gazzè, è molto affascinante. La prima volta che l’hai sentita cosa hai pensato?
«Ho registrato prima la parte musicale senza il testo. Ho sentito poi il testo della canzone quando ho fatto la prima prova e ho pianto. Ho lavorato per anni in una libreria per ragazzi. Miti, leggende e favole sono un tipo di cosa che mi emoziona. È stata una grossa felicità che casualmente questo pezzo fosse così confacente con i miei gusti anche letterari. Una storia meravigliosa che mi ha commosso profondamente. Sono sensibile a questo tipo di cose. Trovo molto bello che al Festival della canzone venga dato spazio per raccontare storie così belle di cui in Italia siamo pieni».
Tu sei una suonatrice di arpa. Sicuramente conosci anche l’arpaterapia: l’arpa avrebbe un potere rilassante, capace di generare benessere. È vero?
«Io l’ho sperimentata spesso sugli allievi. Nel senso che l’arpa è uno strumento che tu hai addosso, non è un prolungamento delle dita come può essere un pianoforte. L’arpa vibra su di te e tutte le cose vibrano insieme. È difficile con l’arpa stoppare il suono, non produrlo. Io so che questo su di me è una pratica di benessere incredibile, e funziona anche sugli allievi. Difficilmente gli allievi non percepiscono il piacere di avere questo strumento addosso. Esiste l’arpaterapia perché comunque è legata alla fascinazione, credo che uno strumento così generi un rilassamento su chiunque non sia abituato a sentirlo, anche perché occupa tanto spazio sonoro e quindi secondo me è un buono strumento per isolare. In generale la musica è terapeutica».
Che impegni hai per il futuro?
«Appena finito il Festival mi butto in studio e registro il mio secondo album. Canto e suono, quindi sarà un album arpa e voce di canzoni d’amore e non vedo l’ora di finirlo e di ripartire a fare i concerti».