Nel 50-75% dei casi di asma grave, la causa è l’infiammazione di tipo 2. Attenzione all’uso di cortisonici. I più giovani vivono peggio la malattia, il 53% si sente impotente. Nel webinar “Asma così grave da togliere il fiato” si discutono i prossimi passi sulle cure personalizzate
La sensazione continua di affanno, mancanza di respiro, peso sul torace e la paura che arrivino senza preavviso i cosiddetti “attacchi”. Sono le esperienze di chi soffre di asma grave, che spesso portano all’utilizzo continuo di cortisonici o addirittura costringono a correre al pronto soccorso. Ma c’è spesso anche una sottovalutazione di questa forma grave, con infiammazione di tipo 2, che colpisce dal 3,5% al 10% delle persone asmatiche: c’è ancora poca consapevolezza sia sulle cause profonde sia sulla pericolosità dei sintomi quando non controllati. Lo hanno spiegato gli esperti nel corso del webinar “Asma così grave da togliere il fiato“.
«Molte persone che soffrono di asma grave tendono a sottovalutare la propria patologia, intervenendo spesso con cicli di corticosteroidi che, non solo non controllano l’infiammazione, ma spesso producono seri effetti collaterali anche permanenti», ha detto Francesca Puggioni, caposezione ImmunoCenter, vicedirettore medicina personalizzata asma e allergologia dell’Humanitas Research Hospital.
«Le conseguenze sono – continua l’esperta – riacutizzazioni sempre più frequenti e un rimodellamento delle vie aeree che, a sua volta, comporta una riduzione permanente della funzione polmonare e nuovi attacchi sempre più frequenti e gravi. Un controllo precoce e prolungato dei sintomi è quindi necessario per interrompere questo circolo vizioso che porta all’insufficienza respiratoria e alla perdita di controllo sulla propria vita».
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I progressi della ricerca scientifica sull’asma hanno consentito di determinare come, nel 50-70% dei casi, alla base delle forme gravi vi sia un’infiammazione di tipo 2, dovuta alla reazione del sistema immunitario a fattori scatenanti, quali allergeni, virus o batteri e che determina la gravità e la persistenza dei sintomi dell’asma. Poter controllare questa infiammazione grazie a nuove terapie mirate, agendo in particolare sulle citochine IL-4 e IL-13, consente di ridurre i livelli dei marker biologici responsabili dell’infiammazione di tipo 2 e, quindi, di controllare tutti e tre i fenotipi di asma grave oggi conosciuti: allergico, eosinofilico e il fenotipo misto, che si ha quando gli altri due fenotipi sono co-espressi nello stesso paziente.
L’asma grave condiziona fortemente la vita di chi ne soffre. Il 96% dei pazienti ritiene importante l’impatto sulla propria quotidianità, con limiti soprattutto nel lavoro e nella vita sociale, secondo una ricerca condotta da DoxaPharma per Sanofi, la prima ampia e specifica sui pazienti con asma grave.
L’indagine rileva che il 69% del campione afferma di dover rinunciare allo sport almeno una volta al mese, il 65% di assentarsi dal lavoro almeno qualche giorno al mese e l’85% di avere un impatto negativo sulla performance lavorativa, a causa dello scarso riposo notturno per via dei sintomi (per il 44%). Il 59% la ritiene fonte di stress, motivazione per cui 1 paziente su 2 sceglie di non frequentare luoghi affollati. Tutto questo si accompagna a sentimenti di frustrazione e depressione nel 50% del campione.
Le preoccupazioni e le limitazioni toccano in modo trasversale tutte le età e non risparmiano neanche i più giovani. Sono infatti loro a vivere l’asma grave con maggiore disagio, percependo, nel 53% dei casi, una sensazione di impotenza nei confronti della patologia. L’asma grave condiziona considerevolmente anche la visione del futuro dei pazienti adolescenti e giovani adulti (12-24 anni), caratterizzata da una forte preoccupazione: il 70% circa riferisce il timore di un ulteriore peggioramento dell’asma, il 40% è preoccupato di dover rinunciare a occasioni e opportunità future e 1 su 3 ha paura di dover rinunciare ad amicizie e relazioni sociali. Inoltre, il 47% teme di perdere autonomia nella gestione della propria quotidianità.
«L’asma grave ha un significativo impatto sulla qualità di vita degli adolescenti che tendono a rifiutare l’idea di essere “malati” e a nascondere la propria condizione per timore di essere allontanati dalla propria cerchia di amici o conoscenti», commenta Giorgio Piacentini, docente di Pediatria all’università di Verona e presidente nazionale della Società italiana per le malattie respiratorie infantili.
«Di conseguenza, la diagnosi e la terapia in questa fascia di età risultano più difficili, comportando un peggioramento della mortalità e della morbilità dell’asma, specie se grave. Pertanto, l’approccio a questi pazienti deve essere personalizzato, con una particolare attenzione alle loro specifiche caratteristiche emotive e psicologiche, nonché allo stile di vita e al contesto personale e familiare».
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