Intervista alla pneumologa Paola Rogliani (Tor Vergata) che, in occasione della V edizione della campagna Asma Zero Week, mette in guardia sui rischi di una scorretta gestione della patologia
Si conclude oggi la settimana di campagna Asma Zero Week, un’iniziativa giunta quest’anno alla sua quinta edizione che ha messo a disposizione consulenze specialistiche gratuite in oltre 50 Centri specializzati in tutta Italia. La campagna, promossa anche quest’anno da FederASMA e ALLERGIE Odv – Federazione Italiana Pazienti, con il patrocinio della Società Italiana di Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica (SIAAIC) e della Società Italiana di Pneumologia (SIP/IRS), in partnership con AstraZeneca, nasce con l’obiettivo di sensibilizzare gli oltre 3 milioni di pazienti asmatici in Italia sull’importanza della prevenzione degli attacchi d’asma e la possibilità di ridurne l’impatto sulla vita quotidiana attraverso l’adozione di corrette strategie terapeutiche, informando, in particolare, circa i possibili rischi connessi ad un abuso dei broncodilatatori a breve durata d’azione.
Su questo, Sanità Informazione ha intervistato Paola Rogliani, professore associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Roma Tor Vergata e direttore UOC Malattie Apparato Respiratorio, Dipartimento di Emergenza e Accettazione, Fondazione Policlinico Tor Vergata, Roma.
«L’asma è una condizione infiammatoria cronica caratterizzata da senso di costrizione e mancanza di respiro, che colpisce i bronchi, causando una alterazione dei flussi d’aria che attraverso le vie aeree giungono ai polmoni. I bronchi dei pazienti asmatici vanno incontro ad un ispessimento che può accompagnarsi a una iperproduzione di muco. La forma prevalente di asma è su base allergica: può trattarsi di allergeni stagionali, come pollini e piante, o allergeni perenni come la polvere o la proteina presente nella saliva dei gatti, con la quale questi si puliscono il pelo. Ci sono poi altre forme di asma dovute ad una iperreattività bronchiale, in cui il soggetto è particolarmente sensibile a livello di vie aeree a qualsiasi stimolo che possa provocarne una contrazione e restringimento, come lo sforzo, il troppo caldo, il troppo freddo, il fumo, persino il profumo».
«Il paziente asmatico va preso in carico al momento della diagnosi in un percorso che accompagna ed educa il paziente alla comprensione della propria condizione e che aiuta a rimodulare la sintomatologia. L’obiettivo del trattamento, infatti, è quello di evitare che il paziente abbia fasi acute e debba quindi ricorrere ai SABA (beta agonisti a breve durata d’azione) a base di salbutamolo, o che rischi di essere ospedalizzato o ancora che debba ricorrere a terapie supplementari. Il paziente, se correttamente guidato, impara autonomamente a riconoscere le fasi che possono precedere un’eventuale acuzie così da rendere gestibile la convivenza con questa cronicità, e può modulare il trattamento in base alle necessità».
«Fino al 2018 le linee guida prescrivevano l’utilizzo al bisogno dei SABA. Queste raccomandazioni sono cambiate nel 2019, perché si è visto che l’abuso di questa modalità determina uno scarso controllo della malattia. Il paziente, infatti, ha comprensibilmente necessità di avere sollievo immediato dal suo sintomo acuto, la sensazione di soffocamento, per cui tende a usare più del dovuto la bomboletta spray dei SABA. La necessità, invece, è di rispondere a una doppia esigenza: sicuramente quella del paziente di ottenere sollievo immediato, ma anche controllare lo stato infiammatorio. Le nuove raccomandazioni, quindi, raccomandano l’uso in associazione di corticosteroide inalatorio (che agisce sulla condizione patologica riducendo l’infiammazione) e un nuovo beta agonista, non più il salbutamolo ma il formoterolo, che agisce sul sintomo fornendo sollievo immediato fino a 12 ore. Uno studio pubblicato nel 2020 su European Respiratory Journal evidenzia che il sovra utilizzo di SABA (identificato in più di tre confezioni all’anno per paziente) è associato a un aumento di riacutizzazioni proporzionale al numero di confezioni utilizzate, che si traducono in trattamenti supplementari, visite non programmate e ospedalizzazioni».
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