«Le evidenze scientifiche al momento disponibili non consentono di individuare specifici fattori di rischio né di raccomandare strategie per limitare la possibilità di trombosi». Ora gli Stati decideranno se modificare le loro strategie vaccinali
Trombosi rare tra gli effetti collaterali del vaccino AstraZeneca. Questa l’attesa decisione dell’Agenzia europea del farmaco che ha analizzato 86 casi di trombosi verificatesi dopo la somministrazione del vaccino inglese in Europa, 18 dei quali fatali. In totale, al 4 aprile, sono stati riportati 222 casi di trombosi su 44 milioni di persone vaccinate. Numeri e percentuali estremamente piccoli, quindi, che non giustificano uno stop al vaccino: «I benefici superano i rischi», ripetono come un mantra dall’ormai noto tavolo bianco della sede dell’Ema, ad Amsterdam. «Il rischio di morire per Covid-19 è molto più alto».
Né, al momento e sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, è possibile individuare specifici fattori di rischio che possano permettere di raccomandare gli interventi da adottare per azzerare il rischio: i casi riportati, infatti, riguardano sia donne che uomini di tutte le età, anche se la maggior parte riguarda donne under 60. Una spiegazione plausibile, dicono i rappresentanti dell’Agenzia, potrebbe essere il fatto che il 60% delle persone vaccinate in Europa è donna. Ma, come viene più volte sottolineato, non è ancora possibile stabilire un nesso tra sesso, età, quadro clinico e comparsa di effetti collaterali.
Ciò che si osserva è una risposta immunitaria al vaccino simile a quella che compare in alcuni pazienti trattati con l’eparina. Fondamentale, allora, riconoscere precocemente i sintomi, che includono fiato corto, dolore al petto, gonfiore alla gamba, dolore addominale, sintomi neurologici come vista offuscata e mal di testa persistente. Questi i segnali da tenere presente nelle due settimane successive alla somministrazione del vaccino AstraZeneca e da comunicare al proprio medico.
La palla ora passa quindi agli Stati, che sulla base delle indicazioni arrivate dall’Agenzia europea dovranno stabilire se modificare o meno la strategia vaccinale, tenendo anche in considerazione la situazione pandemica in ogni singolo Paese, la disponibilità di vaccini e la tenuta del Sistema sanitario. Prevista alle ore 18.00 una riunione dei ministri della Salute dei Paesi Ue per coordinarsi.
«Ogni giorno in Europa muoiono ancora centinaia di persone a causa del Covid-19 – ha puntualizzato il direttore esecutivo dell’Ema Emer Cooke – e questo vaccino, così come gli altri disponibili in Europa, ha confermato di essere efficace nel ridurre mortalità e ospedalizzazioni. Adesso quindi è importante riconoscere i sintomi che possono indicare una possibile trombosi e riportare ogni segnale al sistema di farmacovigilanza che, come dimostra questo caso, in Europa funziona».
Risposte certe e chiare, quindi, ancora non ci sono: per questo sia l’azienda farmaceutica che alcune università europee, supportate dall’Ema stessa, continueranno a portare avanti studi ed analisi sul vaccino ed il rischio di effetti collaterali, comunicando prontamente i risultati ottenuti.
E a proposito di informazioni non ancora definite, non si sa nemmeno quale sia l’incidenza delle trombosi sui vaccinati. Quello che si conosce è il tasso di segnalazione: circa un caso ogni 100 mila vaccinati. Tanto per fare un paragone, su 10 mila donne che assumono la pillola anticoncezionale, in 4 si verificano trombosi.
Lo stesso fenomeno, tra l’altro, è stato osservato anche dopo la somministrazione degli altri vaccini autorizzati dall’Ema: nel caso di Johnson&Johnson, sono stati riportati 3 casi di trombosi con caratteristiche simili su 4,5 milioni di dosi somministrate; 35 i casi osservati in Europa su 54 milioni di dosi Pfizer utilizzate e 5 i casi di Moderna su 4 milioni.
Trombosi che ancora non si sa come trattare: l’Ema sconsiglia l’utilizzo di eparina ma ancora non c’è una linea che convince tutti gli esperti. Tra le possibilità analizzate ci sono altri anticoagulanti, immunoglobuline e steroidi, ma il consiglio fornito agli operatori sanitari è quello di seguire quanto previsto dalle linee guida in casi simili.
Continua anche il confronto sulla possibilità di utilizzare vaccini diversi per la prima e la seconda dose: «In teoria potrebbe funzionare – risponde Peter Arlett, Head of Data Analytics dell’Ema – ma ancora non sono disponibili dati. Non appena ci verranno inviati, li valuteremo e trarremo le nostre conclusioni».
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