Le nuove raccomandazioni del Cts saranno recepite dal governo in modo perentorio. Speranza: «Passano in zona bianca Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Provincia autonoma di Trento»
Il vaccino AstraZeneca sarà riservato agli over 60. Chi ha da 59 anni in giù dovrà vaccinarsi con i vaccini a mRNA (Pfizer o Moderna) sia nel caso di prima dose che di seconda (anche se la prima è stata fatta con AstraZeneca). Cambiano dunque di nuovo le indicazioni per la vaccinazione con il vaccino Vaxzevria in virtù del «mutato contesto epidemiologico», che ha spinto il Comitato tecnico scientifico a «rivalutare le indicazioni relative all’uso» del vaccino stesso perché il rapporto rischi/benefici è cambiato insieme, per l’appunto, al contesto. Così Franco Locatelli, Presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts).
Dopo una «valutazione accurata, scrupolosa e meticolosa di tutte le evidenze di letteratura disponibili, il Cts ha raccomandato, per quel che riguarda le prime dosi di vaccinazione, di riservare il vaccino AstraZeneca a coloro che hanno un’età uguale o superiore a 60, riservando i vaccini ad mRNA alla fascia» al di sotto di tale soglia. Per quanto riguarda la seconda dose da inoculare ai soggetti già vaccinati con AstraZeneca, «tutti i dati disponibili indicano che i fenomeni trombotici dopo la seconda dose sono straordinariamente rari. Tuttavia, considerata la disponibilità di piattaforme vaccinali alternative e ispirandosi ad un principio di massima cautela per andare a tutelare, come sempre con un’attenzione suprema, la salute degli italiani, si è deciso di dare la raccomandazione di impiegare la stessa dose dello stesso vaccino per i soggetti over 60» mentre per chi ha meno di 60 anni, «pur in assenza di segnali di allerta preoccupanti rispetto allo sviluppo di queste patologie», verrà considerata «l’ipotesi della vaccinazione “eterologa”, ovvero con una diversa tipologia di vaccino». Questo è possibile perché «vi sono dei dati che indicano come il profilo di sicurezza e la risposta immunitaria generata da questo approccio abbiano buone evidenze».
Locatelli ha poi ricordato come, ad oggi, circa il 45% della popolazione che vive in Italia ha ricevuto almeno una dose di vaccino e quasi 1 italiano su 4 ha completato il ciclo. Per questo motivo, nel nostro Paese «abbiamo registrato tutta una serie di miglioramenti nei parametri epidemiologici». Come, ad esempio, i posti occupati nelle terapie intensive, che al momento sono circa 600, ovvero «un sesto del dato di inizio aprile. Questo è il risultato – ha continuato Locatelli – della campagna vaccinale, che ha consentito la prevenzione dello sviluppo della malattia grave, la diminuzione dei decessi e ha contrastato la circolazione del virus».
Il Ministro Speranza, dopo aver ricordato che l’indice Rt è di 0,68 e che il tasso di occupazione di terapie intensive e area medica è dell’8%, ha anticipato che firmerà in serata il passaggio di Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Provincia autonoma di Trento in zona bianca: «A breve circa la metà della popolazione italiana – ha spiegato il Ministro della Salute durante la conferenza stampa – sarà in zona bianca. Questo è un segnale importante e incoraggiante, che ci fa capire che siamo sulla strada giusta. Questi risultati – ha continuato – sono effetto di una campagna di vaccinazione che va molto positivamente nel nostro Paese. I vaccini sono lo strumento più importante per uscire da questa situazione».
Speranza ha poi commentato la decisione del Comitato tecnico scientifico su AstraZeneca, affermando che «le raccomandazioni del Cts saranno tradotte dal Governo in modo perentorio». E il Commissario Francesco Paolo Figliuolo, anch’egli presente alla conferenza, ha garantito che «abbiamo la sostenibilità logistica» per gestire questo cambiamento nella campagna vaccinale. «Certo – ha commentato –, tutto ciò avrà delle leggere ripercussioni sul piano, ma siamo certi che tra luglio e agosto riusciremo a mitigare o addirittura annullare questo impatto».
Figliuolo ha poi aggiungo che gli over 60 che devono ancora ricevere la prima dose sono circa 3,5 milioni, mentre sono 3 milioni i soggetti (sempre over 60) che devono effettuare il richiamo. «Se dovessero avanzare delle dosi di AstraZeneca» in seguito al mutamento del piano vaccinale e delle caratteristiche di chi deve ricevere questo vaccino, «queste verranno donate al piano Covax».
Ma come si è arrivati alla decisione del Cts di limitare agli over 60 la vaccinazione con AstraZeneca? Per capire se un determinato vaccino possa essere somministrato o meno ad una determinata fascia d’età, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha stilato delle tabelle che prendono in considerazione tre scenari diversi di circolazione del virus: la circolazione viene definita “alta” quando si verificano 886 casi mensili ogni 100mila abitanti; è “media” con 401 casi al mese e “bassa” con 55 casi.
Nelle fasce d’età tra i 20 e i 39 anni il rischio di sviluppare forme gravi di malattia è pari a zero (con bassa circolazione del virus). La probabilità che si verifichi invece un evento trombotico correlato alla vaccinazione è, rispettivamente, di 1.9 per la fascia 20-29 e di 1.8 per la fascia 30-39 ogni 100mila somministrazioni. Stesso discorso, se non addirittura leggermente peggiore, per la fascia 40-49: se la probabilità di essere ricoverati in terapia intensiva è di 1 su 100mila abitanti, il rischio di trombosi è di 2.1 sullo stesso numero di persone vaccinate. Il rischio si bilancia quasi alla perfezione nella fascia tra i 50 e i 59 anni (1 ricovero su 100mila abitanti a fronte di 1.1 eventi trombotici su 100mila immunizzati). Per le persone con più di 60 anni, considerati gli elevati rischi a cui andrebbero incontro in caso di contagio, vaccinarsi è la soluzione che garantisce il miglior rapporto costi/benefici.
Ciò però non significherebbe che «si è sbagliato prima», ha spiegato in un’intervista alla Stampa Guido Rasi, ex Direttore generale Ema e attuale Direttore scientifico di Consulcesi (nonché consulente del Commissario Figliuolo), in quanto appena tre settimane fa «il quadro epidemiologico e dei vaccinati era diverso e giustificava un uso massivo anche di quel vaccino». Ora che il quadro è cambiato notevolmente, dunque, secondo Rasi «si corrono meno rischi di malattia grave o di morte».
Ma in tema di reazioni avverse ai vaccini anti-Covid, quante ne sono state registrate finora? Ebbene, tra il 27 dicembre 2020 e il 26 maggio 2021 ci sono state 66.258 segnalazioni su un totale di 32.429.611 dosi di vaccino somministrate (tasso di segnalazione di 204 ogni 100mila dosi), di cui circa il 90% sono riferite a eventi non gravi (come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza e dolori muscolari). È quanto emerge dal quinto Rapporto di Farmacovigilanza sui Vaccini Covid-19 dell’Agenzia Italiana del Farmaco. I dati raccolti e analizzati riguardano le segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza per i quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso.
Le segnalazioni gravi corrispondono al 10,4% del totale, con un tasso di 21 eventi gravi ogni 100mila dosi somministrate, indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose (prima o seconda) e dal possibile ruolo causale della vaccinazione.
La maggior parte delle segnalazioni sono relative al vaccino Comirnaty di BioNTech/Pfizer (71,8%), finora il più utilizzato nella campagna vaccinale (68,7% delle dosi somministrate) e solo in minor misura al vaccino Vaxzevria di AstraZeneca (24% delle segnalazioni e 20,8% delle dosi somministrate), al vaccino Moderna (3,9% delle segnalazioni e 9% delle dosi somministrare), e al vaccino Covid-19 Janssen di Johnson&Johnson (0,3% delle segnalazioni e 1,5% delle dosi somministrate).
Per tutti i vaccini, spiega l’AIFA, «gli eventi avversi più segnalati sono febbre, stanchezza, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea». Gli eventi avversi gravi correlabili alla vaccinazione più spesso segnalati configurano «un quadro di sindrome simil-influenzale con sintomatologia intensa, più frequente dopo la seconda dose dei vaccini a mRNA e dopo la prima dose di Vaxzevria».
Il tasso di segnalazione delle trombosi venose intracraniche e in sede atipica in soggetti vaccinati con Vaxzevria è in linea con quanto osservato a livello europeo (1 caso ogni 100mila prime dosi somministrate, nessun caso dopo seconda dose), prevalentemente in persone con meno di 60 anni.
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