Dal 2021 aumentate le epidemie da H5N1 in uccelli e mammiferi. I ricercatori di Hong Kong hanno esaminato i dati relativi ai focolai dal 2005 al 2022 raccolti da Fao e Woah
L’epicentro delle epidemie di influenza aviaria da virus A/H5N1 dall’Estremo Oriente si sta spostando verso l’Europa e l’Africa. A fotografare la tendenza uno studio internazionale coordinato dall’ University of Hong Kong, pubblicato su Nature. Rilevato per la prima volta in Cina nel 1996, il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità A/H5N1 è rimasto confinato prevalentemente al sud-est asiatico stato per circa un decennio. Solo successivamente ha cominciato a diffondersi nel resto del mondo. Il 2001 ha segnato un grande cambiamento: «Il virus H5N1 ha causato epidemie senza precedenti in diverse specie di uccelli selvatici nei cinque continenti e un aumento significativo delle infezioni accidentali nei carnivori selvatici, negli allevamenti di visoni e nei mammiferi marini», scrivono i ricercatori.
Per comprendere come si sia arrivati allo scenario attuale il team ha esaminato i dati relativi ai focolai da virus H5 verificatisi dal 2005 al 2022, raccolti dalla Fao e dall’Organizzazione mondiale per la sanità animale (Woah). Successivamente ha esaminato oltre 10 mila genomi virali. Attraverso questa analisi, i ricercatori hanno osservato il percorso compiuto dal virus per arrivare alla sua attuale “versione”. In particolare, hanno scoperto che nel 2020 un nuovo ceppo di H5N1 si è evoluto da un virus chiamato H5N8 emerso in Egitto e si è poi incrociato con varietà di virus dell’influenza aviaria più lievi (cosiddetti a bassa patogenicità).
In tal modo sono sorti due nuovi ceppi che si sono diffusi, attraverso gli uccelli migratori, in America e nel Nord Europa e nel Mediterraneo e in Africa. Il timore dei ricercatori è che la diffusione così intensa del virus negli uccelli selvatici renda più difficile il controllo delle infezioni negli animali e favorisca la comparsa di mutazioni che possano rendere più facile la diffusione nell’uomo. «Per affrontare questi problemi è necessario rafforzare la sorveglianza globale e – concludono i ricercatori – migliorare le molteplici strategie di mitigazione per la prevenzione e la risposta alle epidemie».
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