“Nell’ultimo anno abbiamo visto un aumento del 30% dei casi di scabbia, soprattutto nei bambini ma anche negli anziani. Spesso legati ad una sottovalutazione del problema e nella scarsa aderenza alla terapia. Ci sono famiglie che non rinunciano a mandare il figlio a scuola anche se ha prurito. Così i contagi aumentano e il problema […]
“Nell’ultimo anno abbiamo visto un aumento del 30% dei casi di scabbia, soprattutto nei bambini ma anche negli anziani. Spesso legati ad una sottovalutazione del problema e nella scarsa aderenza alla terapia. Ci sono famiglie che non rinunciano a mandare il figlio a scuola anche se ha prurito. Così i contagi aumentano e il problema ritorna”. A fare il punto è Sabrina Erculei, dermatologa clinica dell’Irccs Idi di Roma. “La fascia infantile e quella degli anziani sono le più colpite – continua Erculei -. Se l’acaro non viene trattato bene con le giuste terapie deposita le uova sottopelle e il problema persiste più del dovuto. Di solito si usano creme a base di permetrina o di benzile benzoato, ma non basta una seduta, la crema va messa almeno per tre sere e – chiarisce – poi si fa una pausa di una settimana, per poi rimetterla per altri giorni. Bisogna essere attenti in questa procedura”.
“Serve poi – avverte la dermatologa – uno screening fatto bene perché la scabbia può essere scambiata per un eczema pruriginoso o con forme allergiche, mentre la prima visita dermatologica è importante per capire l’entità del problema”.
Ma c’è una stagionalità dell’acaro? “No, in inverno o in estate può esserci il contagio. E’ chiaro che durante la pandemia Covid, con il distanziamento e le scuole chiuse, c’è stato un drastico calo dei casi di scabbia. Perché dove c’è molto affollamento e contatti stretti l’acaro si può diffondere meglio. Inoltre c’è anche un legame con la ripresa dei viaggi all’estero soprattutto in zone esotiche dove il livello di igiene non altissimo e – conclude – si rischia di tornare in Italia con l’acaro”.