Salute 28 Dicembre 2022 11:38

Australiana: flop vaccini o virus influenzali più aggressivi?

L'Australiana sembra non aver risparmiato proprio nessuno, neanche molti tra coloro che si sono vaccinati contro l'influenza. Il virologo Fabrizio Pregliasco spiega perché non è una questione di flop dei vaccini o di virulenza dell'influenza, ma di cattiva percezione
Australiana: flop vaccini o virus influenzali più aggressivi?

Moltissimi italiani hanno passato o stanno ancora passando le festività a letto alle prese con l’influenza. L’Australiana sembra non aver risparmiato proprio nessuno, né i piccoli e né i grandi. E, in parte, sembra non aver risparmiato neanche chi si è premunito in tempo sottoponendosi alla vaccinazione antinfluenzale. In molti, infatti, stanno segnalando febbre alta, tosse, mal di testa, raffreddore, dolori articolari, nonostante abbia fatto il vaccino due o più settimane fa. La domanda dunque nasce spontanea: i vaccini hanno fatto flop o i virus influenzali di quest’anno sono più aggressivi rispetto al passato? «A mio avviso la risposta non è nessuna delle due», dice secco il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’Università Statale di Milano.

Pregliasco: «È più un problema di errata percezione che di virulenza dell’Australiana»

«La verità è che, complice la scarsa diffusione dei virus influenzali gli scorsi anni, grazie alle misure anti-Covid, ci siamo dimenticati che l’influenza può picchiare duro», spiega Pregliasco. «Quindi è più un problema di percezione che di efficacia dei vaccini o aggressività dei virus. I virus influenzali – continua – che sono stati considerati nello sviluppo dei vaccini di quest’anno si sono rivelati compatibili con quelli che stanno circolando attualmente. Non abbiamo avuto in questo senso nessuna sorpresa. E i virus che stanno circolando non sono più aggressivi rispetto a quelli degli altri anni. In realtà, quando stiamo male non abbiamo la certezza che sia davvero l’influenza la causa. Non facciamo un tampone per l’influenza, come invece avviene con il Covid. Per cui è possibile che quello che ci ha fatto ammalare sia un virus similinfluenzale o anche il virus respiratorio sinciziale».

L’efficacia del vaccino antinfluenzale nella prevenzione del contagio va dal 60 all’80%

Poi, come abbiamo già imparato con il Covid, il vaccino antinfluenzale non ci protegge al 100 per 100 dall’influenza, compresa l’Australiana. «Anzi sappiamo che la sua efficacia va dal 60 all’80 per cento nella prevenzione del contagio, mentre è molto buona l’efficacia nella prevenzione delle complicazioni», dice Pregliasco. «Questo significa che è sempre bene farlo che non farlo», precisa. Insomma, stando all’esperto, l’influenza sta facendo esattamente il suo dovere. «Semplicemente abbiamo dimenticato quanto possa essere insidiosa e fastidiosa», sottolinea Pregliasco. Questo discorso vale anche per i più piccoli, che all’inizio di questa stagione sembrano esser stati particolarmente vulnerabili. Ora la situazione sembra leggermente migliorata, almeno stando agli ultimi dati del bollettino aggiornato InfluNet, il Sistema di Sorveglianza Integrata dell’Influenza curato settimanalmente dall’Istituto superiore di sanità (Iss).

Curva in lieve calo, ma incidenza stabile in adulti e anziani

Dal 12 al 18 dicembre, la curva epidemica delle sindromi simil-influenzali ha registrato un lieve calo. Nello specifico, nella 50esima settimana del 2022 l’incidenza è stata pari a 15 casi per mille assistiti, in calo rispetto al valore di 15,6 registrato nella settimana precedente, ma sempre nella fascia di intensità alta. In particolare, risulta in calo l’incidenza nelle fasce di età pediatrica, mentre è stabile nei giovani adulti e negli anziani. I più colpiti continuano ad essere i bambini al di sotto dei cinque anni di età. I dati evidenziano un andamento anticipato della curva delle sindromi simil-influenzali rispetto alle precedenti stagioni, con un valore di picco di incidenza superiore a tutte le precedenti stagioni. In particolare, nella settimana di riferimento, i casi stimati di sindrome simil-influenzale, rapportati all’intera popolazione italiana, sono stati circa 887mila, per un totale di 5.327.000 casi a partire dall’inizio della sorveglianza. L’Iss precisa che il numero di casi è sostenuto «oltre che dai virus influenzali anche da altri virus respiratori tra i quali il virus respiratorio sinciziale nei bambini molto piccoli, e il Sars-CoV-2».

 

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