«Grazie ai nuovi Lea i pazienti autistici potranno finalmente ricevere l’assistenza adeguata alla propria patologia, così come prescritto dalle Linee Guida per l’Autismo. Necessario mezzo miliardo di euro in più, ogni anno». Parla Giovanni Marino della Fondazione Italiana Autismo
«Colpisce un bambino ogni 100 nati, con una rapporto maschi-femmine di 4 a 1. Attualmente in Italia gli autistici, se si considerano tutte le forme della patologia da quella più severa a quella più lieve, sono circa 400mila. Numeri che trasformano questa malattia, che richiede assistenza lungo tutto il corso della vita di un individuo, in un fenomeno sociale». È Giovanni Marino, socio fondatore e componente del Consiglio della Fia, la Fondazione Italiana Autismo, a descrivere nel dettaglio questa sindrome del neurosviluppo.
Per i pazienti affetti da autismo e per le loro famiglie l’ultimo aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, i Lea, è un traguardo atteso da anni: «Quando ogni dettaglio contenuto nei nuovi Lea troverà una piena e concreta applicazione – ha spiegato Marino – tutte le persone autistiche potranno accedere a servizi di assistenza creati esclusivamente per rispondere alle esigenze di chi ha questa patologia». Prima che ciò possa accadere ci vorrà ancora del tempo, probabilmente qualche anno. Ma i cambiamenti saranno talmente sostanziali ed evidenti che, per il socio fondatore della Fia, «due anni di attesa costituiscono un tempo fisiologico e necessario».
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Per comprendere a fondo la rivoluzione in atto, partiamo da una descrizione della situazione attuale. «Oggi – ha detto Marino – non esistono servizi specifici per l’autismo. I pazienti hanno accesso a tutti quei servizi generalmente erogati per le persone disabili – come la psicomotricità, la musicoterapia o la logopedia – senza che si tenga conto della specificità del disturbo. E invece, le linee guida del 2012 per il trattamento dell’autismo – attualmente in corso di aggiornamento – dicono che il soggetto autistico ha bisogno di un’assistenza precoce ed intensiva, che segua il modello cognitivo-comportamentale, con tre ore di attività giornaliera e non tre ore alla settimana, come previsto finora. Inoltre, l’attuale psicomotricità andrebbe sostituita dall’Aba (dall’inglese Applied Behavior Analysis, ndr). Insomma uno sconvolgimento dell’assistenza attualmente offerta, sia in termini di qualità che di quantità».
Un cambiamento che dovrà includere anche i centri diurni e residenziali dove, attualmente, i pazienti autistici sono “accuditi” e non “trattati”. È necessario che in queste strutture ci sia personale formato in grado di aiutare le persone autistiche a mantenere nel tempo le abilità acquisite. «Un autistico – ha spiegato Marino – se non adeguatamente supportato, non riesce a mantenere le abilità apprese. E questo significherebbe non solo peggiorare la qualità della vita del paziente e della sua famiglia, ma si tradurrebbe anche in uno spreco di risorse pubbliche. Tutto il denaro che il Ssn avrà impiegato durante lo sviluppo di quell’individuo sarà stato un investimento inutile».
E l’aggiornamento dei Lea per l’autismo è avvenuto proprio per permettere di erogare servizi appropriati e non aspecifici. «Un adeguamento – ha continuato il membro della Fia – richiesto dalla legge 134 del 2015 “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie” che disponeva l’aggiornamento dei Lea entro 120 giorni dall’emanazione della stessa legge. Purtroppo, i tempi si sono allungati perché, proprio in quel periodo, era in corso la totale revisione dei Lea, quella che ha portato alla stesura del documento all’inizio dello scorso anno».
«Da settembre del 2017 a gennaio 2018 un’apposita commissione, alla quale ho preso parte – ha raccontato Marino – ha redatto un documento approvato il 10 maggio di quest’anno dalla Conferenza unificata (Stato-Regioni-Enti locali), che permetterà di applicare quanto disposto dai nuovi Lea. Da questa data (il 10 maggio 2018) le Regioni hanno sei mesi di tempo per adottare il Documento unificato e ridisegnare le linee guide per l’assistenza offerta a livello territoriale. Affinché ogni Regione riorganizzi i suoi servizi per i pazienti autistici ci vorranno almeno due anni».
Ma trascorsi questi 24 mesi ci sarà un altro grosso problema con cui fare i conti: reperire le risorse economiche. «I servizi specifici per l’autismo – ha sottolineato Marino – richiederanno circa mezzo miliardo in più all’anno rispetto ai soldi attualmente utilizzati per offrire una generica assistenza per la disabilità».
Solo quando la macchina, avviata dall’approvazione dei nuovi Lea, sarà pienamente operativa gli autistici avranno acquisito realmente i propri diritti di cura. «Ulteriori revisioni – ha detto il socio fondatore della Fia – saranno necessarie solo di fronte a nuove evidenze scientifiche. Oggi, l’eziologia dell’autismo è ancora sconosciuta. Se dovesse essere scoperta, allora, nei Livelli essenziali di assistenza sarà necessario inserire le nuove terapie eventualmente individuate. Ma fino a quel momento, da quando tutti i servizi specifici per l’autismo saranno attivati, i pazienti autistici entreranno finalmente a far parte di una categoria protetta».
Ed è di protezione che hanno bisogno, sia i pazienti che le loro famiglie: «Una persona affetta da autismo – ha spiegato Marino – ha un’aspettativa di vita normale e, pertanto, i suoi genitori sanno che non potranno occuparsi di lui per sempre. Arriverà il giorno in cui non ci saranno più. Un pensiero drammatico per una mamma ed un papà. Ma sapere che il proprio figlio potrà essere accolto in una struttura costruita su misura per lui, dove professionisti qualificati sapranno interpretare ogni sua esigenza – ha concluso – è il dono più grande che possano ricevere».