Non ci sono vaccini specifici per l’aviaria, ma è consigliato quello per l’influenza stagionale per ridurre la probabilità di coinfezione. Studi scientifici mostrano una possibile efficacia di alcuni antivirali. L’OMS raccomanda alcune misure non farmacologiche di protezione individuale
Il primo caso di aviaria è stato descritto nel 1878, ma soltanto alcuni anni dopo, nel 1901, si comprese che fosse di origine virale. Il focolaio numero 1 è esploso nel 1961 in Sudafrica. L’epidemia da virus H5N1 è iniziata alla fine del 2003 nel sud-est asiatico, dopo due anni il virus ha raggiunto anche l’Europa. Negli ultimi due anni si è diffuso anche tra i mammiferi, mettendo in allarme l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ora gli scienziati si interrogano sulla possibilità che una nuova mutazione del virus possa consentire anche il contagio inter-umano, originando una pandemia come quella da Covid-19.
I sintomi dell’aviaria sono variabili: questa tipologia di influenza può manifestarsi in forma lieve, con un’infezione delle vie respiratorie superiori, febbre e tosse, ma anche dare origine ad una grave polmonite. Finora è stata segnalata, nei Paesi Bassi, solo un’infezione umana fatale da A(H7N7). Sintomi gastrointestinali, come nausea, vomito e diarrea sono stati riportati più frequentemente nell’infezione da A(H5N1). I casi descritti in Italia tra gli esseri umani sono rarissimi e per lo più asintomatici. Segnalate delle congiuntiviti guarite spontaneamente nei casi di A(H7).
Per l’uomo il principale fattore di rischio è l’esposizione ad ambienti contaminati, a stretto contatto con animali infetti, vivi o morti. Si tratta di situazioni a rischio, come mercati con uccelli vivi, luoghi di macellazione e lavorazione delle specie avicole. Non ci sono prove che la trasmissione possa avvenire manipolando carni o uova cotti. Alcuni casi sono stati collegati al consumo di piatti a base di sangue di pollame crudo e contaminato. Nel mondo non è stato mai riscontrato alcun caso di contagio da uomo a uomo.
Stando ai dati attutali, l’incubazione dell’influenza aviaria A(H5N1) nell’uomo varia dai 2 ai 5 giorni. Nelle infezioni umane da virus A(H7N9) questo periodo si allunga fino a 10 giorni, con una media di 5.
Attualmente, l’OMS non ha fornito indicazioni che limitino i viaggi per e da Paesi colpiti dall’influenza aviaria. Tuttavia, è possibile adottare alcune misure di prevenzione. Non vi è disponibilità di vaccini per la prevenzione diretta delle infezioni da influenza aviaria nell’uomo, ma è consigliato sottoporsi alla vaccinazione contro l’influenza stagionale. Pur non offrendo una protezione specifica verso i virus dell’aviaria, riduce la probabilità di contrarre contemporaneamente sia l’influenza aviaria che quella stagionale.
Sono disponibili farmaci per il trattamento e la prevenzione dell’aviaria. Studi scientifici mostrano una possibile efficacia di alcuni antivirali: gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir, zanamivir) possono ridurre la durata e la replicazione del virus. A causa di una segnalata insorgenza di resistenza all’oseltamivir saranno necessari ulteriori studi clinici per testarne l’effettiva efficacia. Se si ha il sospetto di aver contratto l’aviaria, o se l’infezione è stata già confermata, gli inibitori della neuraminidasi dovranno essere prescritti tempestivamente, entro le prime 48 ore dall’insorgenza dei sintomi, al fine di ottenere i migliori benefici. Non è escluso che si possa considerare di somministrare il farmaco, in caso di necessità, anche in fasi più avanzate della malattia. La durata minima di somministrazione è di 5 giorni, da estendere a seconda delle esigenze rilevate dal medico competente.
L’OMS raccomanda alcune misure non farmacologiche di protezione:
Inoltre, chi viaggia o vive in Paesi con epidemie di influenza aviaria in corso dovrebbero, se possibile, evitare di frequentare allevamenti di pollame, il contatto con animali nei mercati di pollame vivo, luoghi di macellazione. Se si presentino sintomi simil-influenzali quali febbre, tosse e difficoltà respiratorie, dopo aver frequentato un luogo a rischio, consultare immediatamente il medico curante
La cottura garantisce la sicurezza dei prodotti a base di carne e uova: il trattamento termico rende inattivo il virus dell’influenza aviaria. Il congelamento, invece, non è in grado di distruggere il virus, ma ne riduce la carica infettante. Meglio evitare il consumo di carne e uova crude o non completamente cotte. Non mangiare animali malati o morti inaspettatamente. Per evitare contaminazioni, separare sempre la carne cruda e le uova dai cibi cotti o pronti da consumare, cambiando tagliere, piatti e posate. Dopo aver maneggiato carne cruda lavarsi bene le mani con acqua e sapone e disinfettare tutte le superfici e gli utensili che sono stati a contatto l’alimento non cotto.
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