Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie (Izsve), della Lombardia ed Emilia-Romagna (Izsler) sono a lavoro per produrre dati scientifici utili ad una valutazione del rischio e per una precisa diagnosi, qualora dovessero presentarsi eventuali riscontri sul territorio nazionale di casi analoghi a quelli statunitensi
Test sperimentali su bovini e latte crudo allo scopo di produrre dati scientifici utili ad una valutazione del rischio e per una precisa diagnosi, qualora dovessero presentarsi eventuali riscontri sul territorio nazionale di casi analoghi a quelli statunitensi. È questo il focus dello studio attualmente in corso negli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie (Izsve), della Lombardia ed Emilia-Romagna (Izsler), parte della Rete degli Zooprofilattici Sperimentali Italiani che, d’intesa con il ministero della Salute, si sono resi disponibili in proposito. Negli Stati Uniti le prime tracce di virus A H5N1 dell’influenza aviaria sono state rilevate in alcuni campioni di latte pastorizzato già nel mese di aprile di quest’anno. Tuttavia, in più occasioni, la Food and Drug Administration (Fda), ha sottolineato come, al momento, non ci siano elementi per considerare il latte non sicuro.
“Questi studi – si legge in una nota congiunta di Izsve e Izsler – mirano ad ampliare il quadro delle conoscenze scientifiche attualmente a disposizione e a fornire una risposta efficace e tempestiva in caso di rischio sanitario, attraverso metodi di laboratorio validati”. Allo stato attuale, così come ribadito dagli stessi esperti “non vi è alcuna evidenza di infezione, neanche pregressa, nella popolazione bovina in Europa. La circolazione del virus H5N1 nelle vacche da latte ad oggi è stata segnalata solo negli Stati Uniti. Test virologici e sierologici per la corretta diagnosi di infezione da virus H5n1 Hpai nei bovini – ricordano Izsve e Izler – sono stati messi a punto dal Centro di referenza nazionale per l’Influenza aviaria (Crn-Ia) dell’Izsve, che sta eseguendo un’indagine sierologica nelle zone dei focolai che hanno riguardato pollame e volatili selvatici. Ad oggi, sono stati esaminati oltre 3.200 bovini delle province di Verona, Vicenza e Padova, tutti con esito negativo. Quanto alla presenza del virus nel latte crudo degli allevamenti di bovini negli Stati Uniti, gli specialisti precisano che “la pastorizzazione è considerata idonea a rendere non attivo il virus, mentre per i formaggi i processi di produzione sarebbero sufficienti a inattivarlo. Le verifiche su quest’ultimo aspetto sono in corso”.
Anche Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in una sua recente dichiarazione aveva tranquillizzato i consumatori di latte: “Il virus dell’influenza aviaria H5N1 è stato rilevato nel latte crudo negli Stati Uniti, ma i test preliminari mostrano che la pastorizzazione lo uccide. Il consiglio dell’Oms in tutti i Paesi è di consumare latte pastorizzato, poiché il latte crudo comunque è un alimento fortemente sconsigliato, perché ad alto rischio di proliferazione batterica. Ghebreyesus ha anche ricordato che H5N1 “finora non mostra segni di adattamento alla diffusione tra gli esseri umani. Sulla base delle informazioni disponibili l’Oms continua a valutare il rischio per la salute pubblica rappresentato dall’influenza aviaria come ‘basso’ per la popolazione generale e ‘da basso a moderato’ per le persone esposte ad animali infetti”.
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