Anche se le autorità invitano a non abbassare la guardia, confermano che dalla situazione attuale non emergono nuovi rischi per gli esseri umani
Dopo il Texas, ora anche il Michigan è sorvegliato speciale per un caso di influenza aviaria in un contadino che lavora a stretto contatto con il bestiame. L’uomo, come riferito dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), “ha riportato solo sintomi oculari”, così com’era successo al lavoratore del Texas colpito da congiuntivite emorragica, ritenuto il primo caso umano di Hpai A/H5N1 legato all’epidemia tra le mucche negli Stati Uniti, nonché la prima persona al mondo ad aver contratto il virus aviario da un bovino. Intanto, sempre negli Stati Uniti, continua ad aumentare i numero di allevamenti di mucche colpiti dal virus: dai conteggi ufficiali ne risultano 51. Anche se in Michigan, altre tre fattorie di animali da latticini sono tenute sotto controllo dal dipartimento all’Agricoltura per la possibile presenza del virus H5N1. Numeri che non convincono gli scienziati americani: temono che il virus dell’aviaria sia in realtà molto più diffuso, soprattutto per la riluttanza degli allevatori a collaborare e a testare gli animali. Secondo il Boston Globe, inoltre, frammenti non attivi del virus sono stati scoperti in un campione di latte in vendita nel New England. I 40 campioni di latte, tutto pastorizzato, esaminati sono stati prelevati in 20 diversi negozi. Il latte è stato quindi analizzato al Massachusetts Institute of technology. Gli esperti sostengono che il latte pastorizzato in commercio non sia a rischio, in quanto proprio la procedura di riscaldamento ad alte temperature a cui viene sottoposto può lasciare in circolazione solo tracce del virus ‘non attive’.
L’influenza aviaria, dunque, continua a preoccupare gli Stati Uniti. In un incontro con rappresentati della sanità pubblica, il vicedirettore dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), Nirav Shah, ha raccomandato di non allentare le attività di sorveglianza nonostante l’arrivo della bella stagione, allo scopo di poter identificare tempestivamente eventuali segnali di diffusione dell’influenza aviaria nell’uomo. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), infatti, hanno chiesto ai responsabili sanitari dei vari Stati americani di mantenere la stessa sorveglianza sulla presenza dei virus dell’influenza usata durante i picchi invernali e anche di aumentare il numero di analisi approfondite (la cosiddetta sottotipizzazione) sui campioni che risultassero positivi al virus dell’influenza di tipo A. I test ‘di primo livello’ non consentono infatti di discriminare tra la convenzionale influenza umana e l’influenza aviaria A/H5N1 che attualmente sta circolando nelle mucche in Usa. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie sperano che, intensificando lo sforzo di analisi, si possano individuare anche casi rari di aviaria che circolano nella popolazione.
Anche se le autorità invitano a non abbassare la guardia, confermano che dalla situazione attuale non emergono nuovi rischi per gli esseri umani. “Sulla base delle informazioni disponibili – sottolineano i Centers for Disease Control and Prevention – questa infezione non cambia l’attuale valutazione del rischio che l’influenza aviaria H5N1 rappresenta per la salute umana”. L’agenzia continua a considerarlo “basso per la popolazione generale”, mentre le persone con esposizioni ravvicinate o prolungate e non protette a uccelli o altri animali infetti (bestiame incluso), o ad ambienti contaminati da uccelli o altri animali infetti, corrono un rischio maggiore di infezione”. Per queste categorie, i Cdc evidenziano “l’importanza delle precauzioni raccomandate”. Tuttavia, considerati gli elevati livelli di virus H5N1 nel latte crudo delle mucche infette e l’entità della sua diffusione nelle vacche da latte” negli Stati Uniti, “potrebbero essere identificati ulteriori casi umani” di influenza aviaria, “simili” a quelli che negli Usa hanno colpito finora due lavoratori del settore lattiero-caseario. “Le infezioni umane sporadiche senza diffusione in corso – precisano i Centers for Disease Control and Prevention – non modificheranno la valutazione del rischio per la popolazione generale”, che l’agenzia continua a considerare “basso”.
Il lavoratore del Michigan, infatti, era stato monitorato perché il virus circolava tra i bovini dell’azienda dove è impiegato. Dall’uomo sono stati prelevati due campioni di materiale biologico: uno dal naso e l’altro dagli occhi. Quello nasale è risultato negativo al virus dell’influenza, nelle analisi effettuate presso il laboratorio del dipartimento sanitario statale. Quello oculare è stato inviato ai Centers for Disease Control and Prevention, i cui laboratori sono fra i pochi centri a poter sottoporre i campioni al test Cdc A(H5). L’esame ha confermato l’infezione da virus aviario, mentre il campione nasale è risultato nuovamente negativo per l’influenza anche alla rianalisi dei Cdc. “Sono in corso tentativi di sequenziamento del virus nel campione oculare – aggiungono i Centers for Disease Control and Prevention -. In caso di esito positivo, i risultati saranno resi disponibili entro 1-2 giorni. Ulteriori analisi genetiche cercheranno” di capire se il patogeno mostra “eventuali mutazioni che potrebbero cambiare la valutazione del rischio da parte dell’agenzia”. I Cdc spiegano che “la congiuntivite è stata associata” anche “a precedenti infezioni umane da virus dell’influenza aviaria A” e quindi rientra fra i sintomi valutati dall’agenzia per la diagnosi dell’infezione da H5N1 nell’ambito della sorveglianza in corso. “Sebbene non sia noto esattamente come le infezioni oculari derivino dall’esposizione al virus aviario”, per i Cdc “potrebbero essere dovute alla contaminazione degli occhi” magari raggiunti da “uno spruzzo di fluido contaminato”, o causata dal “contatto tra gli occhi e qualcosa di contaminato dal virus, come una mano. Alti livelli di virus A/H5N1 sono stati” infatti “riscontrati nel latte non pastorizzato di mucche infette”.
I Cdc rivolgono alcune raccomandazioni alla popolazione: “Evitare esposizioni ravvicinate, prolungate o non protette ad animali malati o morti, inclusi uccelli selvatici, pollame, altri uccelli domestici e altri animali selvatici o domestici (comprese le mucche). Evitare esposizioni non protette a feci di animali, lettiere, latte non pastorizzato (crudo) o materiali che sono entrati in contatto con uccelli o altri animali con virus A/H5N1 sospetto o confermato, o che si trovano nelle loro vicinanze”. L’agenzia sottolinea inoltre di avere “aggiornato le raccomandazioni per la protezione dei lavoratori e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (Dpi)” in queste categorie a rischio. “Seguire queste raccomandazioni – ammoniscono i Cdc – è fondamentale per ridurre il rischio individuale e contenere il rischio complessivo per la salute pubblica”.
L’agenzia elenca le azioni intraprese contro l’aviaria: oltre alle attività di “sorveglianza rafforzata e mirata”, sono stati organizzati incontri settimanali con le autorità sanitarie statali e locali per migliorarne la preparazione anti-H5N1. È stato emesso un avviso di allerta sanitaria (Han) sull’identificazione dell’infezione umana, con raccomandazioni per le indagini e la risposta a eventuali positività; è stato rivolto un appello agli stati, invitandoli a passare dallo stato di ‘preparazione’ a quello di ‘prontezza’; ci sono stati numerosi contatti con gruppi che rappresentano i lavoratori agricoli. È stato chiesto agli stati di fornire Dpi ai lavoratori del settore; sono stati annunciati incentivi per i lavoratori che partecipano agli sforzi della ricerca e di collaborare con i laboratori clinici per aumentare l’invio di campioni positivi all’influenza ai laboratori di sanità pubblica per la sottotipizzazione.
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