Salute 3 Aprile 2024 16:43

Aviaria, Il report Efsa-Ecdc: “Casi in aumento in Ue con ‘salti di specie’ tra i mammiferi selvatici e domestici”

Andreoni (Simit) commenta il secondo caso umano di aviaria negli Stati Uniti: “Ci sono centinaia di casi in letteratura di infezioni da H5N1 passata da volatili a uomo.  È certo che questo passaggio in Usa da un mammifero ad uomo è un segnale di adattamento del virus che crea preoccupazione”

Aviaria, Il report Efsa-Ecdc: “Casi in aumento in Ue con ‘salti di specie’ tra i mammiferi selvatici e domestici”

La trasmissione dell’influenza aviaria “da uccelli infetti all’uomo rimane un evento raro, senza che sia stata identificata alcuna infezione umana confermata all’interno dell’Unione Europea e dello Spazio economico europeo. Tuttavia, la possibilità che i virus dell’influenza aviaria si adattino agli esseri umani e causino una pandemia rimane motivo di preoccupazione”. È con queste parole che Angeliki Melidou, principale esperto di virus respiratori del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), commenta il quadro emerso dal rapporto congiunto pubblicato oggi con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Melidou mette l’accento sull’importanza di mettere in campo “vigilanza continua, sforzi finalizzati alla preparazione e una maggiore comprensione dei fattori sottostanti” all’evoluzione del virus e a una sua eventuale diffusione.

I mammiferi selvatici potrebbero essere il ‘ponte’ tra uccelli selvatici, animali domestici e esseri umani

L’Efsa, nel documento, sottolinea come “il virus dell’influenza aviaria continui a diffondersi nell’Unione europea, e altrove, provocando un’elevata mortalità tra gli uccelli selvatici, spillover (salti di specie, ndr) tra i mammiferi selvatici e domestici e focolai negli allevamenti”. Il Report Efsa-Ecdc valuta i fattori di rischio per una potenziale pandemia influenzale e le relative misure di mitigazione. Nel mirino degli esperti ci sono soprattutto “alcune specie di animali da pelliccia d’allevamento (ad esempio visoni o volpi), che sono altamente sensibili ai virus dell’influenza” e che, come tali, potrebbero essere i principali vettori di diffusione. “Sebbene la trasmissione da mammifero a mammifero non sia stata ancora confermata, i mammiferi selvatici potrebbero fungere da ospiti ‘ponte’ tra gli uccelli selvatici, gli animali domestici e gli esseri umani. Anche gli animali da compagnia, come i gatti, che vivono in casa e hanno accesso all’esterno, in ambienti all’aria aperta, possono essere un potenziale veicolo di trasmissione”, avvertono le autorità Ue.

Il caso Usa, un passaggio da mammifero ad uomo

Ed è proprio il passaggio da mammifero ad uomo a destare maggiori preoccupazioni tra gli esperti di tutto il mondo, Italia compresa. “Ci sono centinaia di casi in letteratura di infezioni da H5N1 passata da volatili a uomo. È certo che questo passaggio in Usa da un mammifero ad uomo è un segnale di adattamento del virus che crea preoccupazione”, spiega Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana malattie infettive e tropicali, commentando il secondo caso umano di aviaria negli Stati Uniti, in Texas, in un lavoratore del settore lattiero-caseario che era entrato in contatto con bovini infetti. L’infettivologo non esclude che il virus H5N1 di influenza aviaria possa scatenare una pandemia: “La mortalità per questo virus è intorno al 50% quindi potrebbe essere la malattia X, i virus influenzali aviari sono gli indiziati numero uno e i più temuti – risponde Andreoni – I virus H5N1 e H7N9 sono quelli più pericolosi, il secondo ha una mortalità intorno al 30%, è chiaro che se diventasse possibile una loro trasmissione da uomo a uomo, al momento mai confermata, potrebbero essere molto dannosi”, aggiunge.

Le conseguenze degli eventi meteorologici estremi

Le Autorità europee puntano il dito contro gli allevamenti che sorgono in aree ricche di uccelli acquatici, con produzione all’aperto e/o scarsa biosicurezza: “possono facilitare l’introduzione del virus nelle aziende agricole e la sua ulteriore diffusione”, sottolinea l’Efsa. “Gli eventi meteorologici estremi e i cambiamenti climatici – aggiungono gli esperti – svolgono un ruolo aggiuntivo nell’evoluzione della situazione perché possono influenzare l’ecologia e la demografia degli uccelli selvatici e quindi influenzare il modo in cui la malattia si sviluppa nel tempo”. Nel Report redatto dalle Autorità europee sono state messe in evidenza anche le misure di mitigazione e sull’importanza di una strategia ‘One Health‘: “Questi virus continuano ad evolversi a livello globale e, con la migrazione degli uccelli selvatici, potrebbero essere selezionati nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni per l’adattamento ai mammiferi – scrivono gli autori – . Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi in modo efficiente tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala a causa della mancanza di difese immunitarie contro i virus H5 nell’uomo. L’emergere di virus dell’influenza aviaria in grado di infettare i mammiferi, compreso l’uomo, può essere facilitato da vari fattori”.

L’approccio One Health

Le misure One Health per mitigare il rischio di adattamento di questi virus ai mammiferi e agli esseri umani “si concentrano sulla limitazione dell’esposizione e sulla prevenzione della diffusione”, si legge infine. Opzioni chiave sono “il rafforzamento della sorveglianza mirata all’uomo e agli animali, la garanzia dell’accesso a una diagnosi rapida, la promozione della collaborazione tra il settore animali e quello umano e l’attuazione di misure preventive come la vaccinazione”. Dovrebbe essere poi promossa “una comunicazione efficace”, nonché il “rafforzamento delle infrastrutture veterinarie, l’applicazione di misure di biosicurezza negli allevamenti e la riduzione del contatto della fauna selvatica con gli animali domestici. Per un’efficace riduzione del rischio è fondamentale un’attenta pianificazione delle attività di allevamento di pollame e animali da pelliccia, soprattutto nelle aree ad alta densità di uccelli acquatici”.

Conseguenze possibili

Qual è il pericolo? “Questi virus – avvertono gli autori del report diffuso oggi – continuano ad evolversi a livello globale e, con la migrazione degli uccelli selvatici, potrebbero essere selezionati nuovi ceppi portatori di potenziali mutazioni” utili “per l’adattamento ai mammiferi. Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi in modo efficiente tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala a causa della mancanza di difese immunitarie contro i virus H5 nell’uomo”. E “l’emergere di virus dell’influenza aviaria in grado di infettare i mammiferi, compreso l’uomo, può essere facilitato da vari fattori”. Da qui la necessità di misure di riduzione del rischio, evidenziano gli enti Ue. Le autorità dei diversi settori (veterinario e umano) dovrebbero “collaborare in prospettiva One Health per limitare l’esposizione dei mammiferi, compreso l’uomo, ai virus dell’influenza aviaria. La sorveglianza sugli animali e sull’uomo dovrebbe essere rafforzata – si indica ancora nel report – insieme all’analisi genomica e alla condivisione dei dati di sequenze” virali. “Negli allevamenti, la biosicurezza dovrebbe essere rafforzata per evitare che gli animali entrino in contatto con l’infezione e la diffondano”.

 

 

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