Salute 5 Febbraio 2019 10:43

Balbuzie, al Vivavoce di Milano un metodo per lavorare alla ‘rieducazione’. Letorio (psicologa): «Studiamo cosa accade nel corpo umano quando parliamo»

Nel centro milanese si attua il percorso rieducativo MRM-S che non si limita ad insegnare rimedi per evitare la balbuzie ma prevede un lavoro di rieducazione. La responsabile dell’Area psicologica del Centro: «La produzione di ogni suono presuppone un movimento sottostante. Occorre imparare a controllarlo tramite un software, che si chiama riablo, attraverso l’applicazione di appositi sensori che permettono di fare un lavoro di coordinazione motoria molto preciso e accurato»

di Federica Bosco

Sono un milione gli italiani che hanno problemi di balbuzie di cui 150 mila under 18. Dati importanti che richiedono attenzione e soluzioni. Un appello lanciato da associazioni ed enti che non è rimasto inascoltato. Le istituzioni lombarde infatti hanno accolto e sostenuto percorsi di riabilitazione e lo scorso 30 gennaio hanno presenziato insieme, con i rispettivi assessori di competenza Giulio Gallera (Welfare), Melania Rizzoli (Istruzione) per Regione Lombardia e Pierfrancesco Maiorino (Politiche sociali) per il Comune di Milano, all’inaugurazione del nuovo centro medico Vivavoce, già da 10 anni leader nella gestione del disturbo delle balbuzie. Un centro abilitato alle cure dei disturbi del linguaggio e dell’apprendimento che ha, nel percorso di riabilitazione per le balbuzie, un centro di eccellenza con un percorso innovativo che permette di avere risultati sorprendenti che si avvicinano al 100% nella fase cosiddetta intensiva. Se la balbuzie nell’88% dei casi regredisce naturalmente entro i 6 anni di età, è altrettanto vero che molte persone adulte si trovano a dover far fronte al problema e con la necessità di trovare delle soluzioni definitive.

In tal senso il percorso rieducativo di Vivavoce si basa sul Metodo MRM-S (Muscarà Rehabilitation Method for Stuttering) primo metodo in corso di validazione scientifica in Italia che non si limita ad insegnare rimedi per evitare la balbuzie ma prevede un lavoro di rieducazione, come ha puntualizzato la dottoressa Valentina Letorio, psicologa responsabile dell’Area Psicologica del Centro:

«Gli studi neuroscientifici più recenti hanno visto come ipotesi di causa della balbuzie un disallineamento tra due sistemi – spiega Letorio -: il primo che si occupa della programmazione e dell’esecuzione dei comandi motori che portano alla produzione verbale, e il secondo invece che riguarda il controllo e il monitoraggio affinché quanto prodotto sia corretto. Questo filone di studio, molto accreditato, dice che in caso di balbuzie c’è un disallineamento tra questi due sistemi, uno come se fosse iperattivo perché manda continuamente feedback di non correttezza di quanto prodotto e questo va a discapito di tutto il sistema anche di programmazione e poi di produzione portando ad un atto linguistico di fatto non fluente. Su questo si basa il metodo di Vivavoce».

Dottoressa, come si articola il programma?

«Una équipe multidisciplinare composta da fisioterapisti, logopedisti e psicologi si occupa di lavorare a 360 gradi sulla persona. In prima battuta si opera per conoscere cosa accade nel corpo umano quando parliamo. La produzione di ogni suono presuppone un movimento sottostante. Una volta presa consapevolezza di questo movimento occorre imparare a controllarlo tramite un software, che si chiama riablo, attraverso l’applicazione di appositi sensori che permettono di fare un lavoro di coordinazione motoria molto preciso e accurato. Il lavoro successivo si attua con l’ausilio della psicologa e della logopedista, per imparare a gestire gli aspetti più emozionali della fonazione sotto stress, con un’apparecchiatura che si avvale di sensori posti sulle dita della mano o sul torace per monitorare, in tempo reale, tutti questi parametri in situazione di stress. Fare delle prove è una parte fondamentale del percorso, ma non solo, si fanno anche delle analisi per vedere come il soggetto balbuziente reagisca solo al pensiero di fare qualche azione ritenuta più complessa, come fare prenotazioni telefoniche, ordini al bar, un acquisto in un locale. La parte conclusiva del programma prevede appunto di mettere alla prova l’allievo con uscite in pubblico».

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