Il dibattito spacca la comunità scientifica, tra chi ritiene necessarie le vaccinazioni pediatriche per frenare la diffusione del virus ed evitare la comparsa di nuove varianti e chi pensa sia più utile proteggere prima i Paesi più poveri
È necessario vaccinare i bambini contro il Covid-19? Il dibattito sul tema è molto acceso nel Regno Unito, soprattutto perché sono più avanti nella campagna vaccinale e nella definizione di nuove strategie anti-Covid. E l’opinione della comunità scientifica non sembra essere unanime.
Una “open letter” molto critica sui vaccini ai bambini, firmata da 40 ricercatori, docenti universitari e medici, è stata indirizzata all’MHRA, l’Agenzia del farmaco inglese. Nel frattempo, la Cdc americana ha riscontrato rari casi di miocardite dopo la vaccinazione nei giovani (anche se non si specifica il range di età preciso). È stato quindi aperto un report di approfondimento per valutare se esistano o meno correlazioni tra vaccino e miocardite.
Qualche risposta è arrivata dal Congresso della Società Europea di Infettivologia Pediatrica (ESPID), in cui sono stati presentati anche gli aggiornamenti sui vaccini per i minori di 16 anni attualmente allo studio: Pfizer, già approvato negli USA, in Canada e in Europa per i maggiori di 12 anni, ha avviato la Fase 1 della sperimentazione su una popolazione di circa 5000 bambini di età compresa tra 6 mesi e 11 anni; più avanti la sperimentazione del vaccino Moderna, che sta concludendo la Fase 2 con la somministrazione di due dosi, a distanza di 28 giorni l’una dall’altra, su una platea di soggetti dai 6 mesi agli 11 anni.
«Se è vero che in Europa – ha spiegato Susanna Esposito, presidente di WAidid, l’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici, Ordinario presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini Pietro Barilla – il Covid-19 non ha causato alcun eccesso di mortalità tra i bambini e che il ruolo dei minori nella trasmissione del virus si sia rilevato modesto, il loro coinvolgimento nella campagna vaccinale è ora essenziale, non solo per la protezione individuale, ma soprattutto per limitare la circolazione del virus».
Secondo gli esperti, inoltre, solo vaccinando anche la popolazione pediatrica sarà possibile evitare la comparsa di nuove varianti. Proprio per questo motivo, si appellano affinché già dall’imminente estate possano partire le vaccinazioni degli adolescenti tra i 12 e i 17 anni.
Eppure, come dicevamo, non tutti la pensano allo stesso modo. Su questo tema Sanità Informazione ha quindi sentito il parere di alcuni autorevoli membri della comunità scientifica italiana: Sergio Abrignani (immunologo e membro del CTS), Antonio Cassone (membro dell’American Academy of Microbiology, già direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità), Stefania Salmaso (epidemiologa, membro del Cts Vaccini di Aifa), Massimo Ciccozzi (epidemiologo molecolare del Campus Biomedico di Roma e autore di varie pubblicazioni sul Covid-19).
Molto chiara la posizione di Sergio Abrignani: «Se vogliamo provare a liberarci da Sars-CoV-2 si devono vaccinare tutti da 0-100 anni. Non c’è nessuna evidenza che vaccinando i bambini li danneggeremmo», chiarisce.
«I bambini sono notoriamente meno suscettibili di adolescenti ed adulti all’infezione da SARS-CoV-2. Le ragioni della minore suscettibilità non sono perfettamente note ma di sicuro gioca un ruolo la forte barriera dell’immunità innata ed il suo training da parte delle vaccinazioni in età pediatrica», ci spiega Antonio Cassone.
Non solo, la questione nodale è quale strategia si persegue con le vaccinazioni: «Se l’obiettivo è convivere col virus evitando che possa far danno in termini di ospedalizzazione e mortalità, accettando quindi l’endemicità del virus (prospettiva peraltro molto probabile come dimostrano le re-infezione degli adulti vaccinati), la vaccinazione dei bambini in linea teorica non serve. Ma se l’opzione di sanità pubblica fosse il raggiungimento dell’immunità di gregge per proteggere i residui suscettibili (soggetti immunocompromessi oltre i bambini stessi, sia pur raramente) allora sarebbe richiesta una copertura vaccinale non del 70-75%, ma del 90-95%».
Va tenuto conto, secondo Stefania Salmaso, che «ogni offerta attiva di vaccinazione deve essere accompagnata da una valutazione dell’entità dei benefici di salute attesi dalla vaccinazione rispetto ai rischi che un qualsiasi atto medico comporta. I rischi correlati al Covid-19 per i bambini sono senz’altro molto ridotti rispetto agli adulti – prosegue -. E se guardiamo ai numeri disponibili, pubblicati dai resoconti dell’Istituto Superiore di Sanità, vediamo che in tutta la pandemia, tra i circa 600.000 casi notificati fino ai 19 anni di età, sono stati registrati 27 decessi, di cui 10 tra i 14 e i 19 anni. Potrebbero essere identificate indicazioni per una futura vaccinazione selettiva, dei più fragili, rispetto ai bambini in generale».
Uno dei passaggi più emblematici della “open letter” degli inglesi riguarda due vaccinazioni pediatriche recenti: influenza suina del 2010 e Dengue del 2019. Nel primo caso si registrò, in alcuni Paesi del Nord Europa, un lieve aumento di casi di narcolessia tra i bambini (1 caso ogni 100.000 vaccinati). «Un fenomeno ancora oggi non spiegato», commenta la Salmaso. «Le sperimentazioni sui bambini vengono fatte con massima cautela, secondo i rigidi protocolli delle autorità regolatorie. Quando si passa a somministrazioni su grandi numeri però si osservano anche fenomeni inattesi».
Secondo l’epidemiologo molecolare Massimo Ciccozzi c’è da approntare una suddivisione per fasce d’età: «Può essere utile vaccinare la categoria adolescenziale poiché è la categoria con più socialità, che si muove di più ed è soggetta ad infettarsi se non si rispettano le direttive (mascherina e distanza). Quindi può diffondere il virus. Tuttavia la categoria che va dai 6 mesi fino agli 11 anni è una categoria che non trasmette facilmente il virus, né si ammala in modo rilevante. In ultimo, se riusciamo a limitare il più possibile la circolazione del virus vaccinando almeno il 75-80% della popolazione, non vedo la necessità di estenderla ai bambini piccoli, per i quali comunque si dovrebbe considerare un trial solido».
«Dopo aver ottenuto l’effetto gregge penserei ad un altruismo globale, nel senso di offrire vaccini a continenti come quello asiatico e africano in modo da impedire la formazione e circolazione di nuove varianti che sappiamo potrebbero ridurre in parte l’efficacia vaccinale», conclude Ciccozzi, facendo proprie le considerazioni del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità: «Non vaccinate bambini e adolescenti, date le dosi a Covax».
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