La malattia infiammatoria multistemica (MIS-C) ha dei sintomi in comune con la malattia di Kawasaki. Taddio (Sip): «Con la MIS-C possono comparire anche miocardite e disturbi gastro-intestinali». I risultati dello studio condotto dal gruppo di reumatologia pediatrica della Sip
Se un bambino ha febbre alta e persistente, a circa un mese l’infezione da Sars-CoV-2, in assenza di un’evidente patologia infettiva, potrebbe essere affetto da MIS-C, la malattia infiammatoria multisistemica. Oltre allo stato febbrile, tra i sintomi più comuni possono comparire: rush cutaneo, congiuntivite, mucose arrossate.
«A differenza della malattia di Kawasaki, che pure è stata osservata nel post-Covid pediatrico – e con la quale la MIS-C condivide molte caratteristiche cliniche – la malattia infiammatoria multisistemica può manifestarsi anche attraverso disturbi gastro-intestinali, come mal di pancia e diarrea», spiega Andrea Taddio professore associato all’Università degli Studi di Trieste e membro del gruppo studio reumatologia pediatrica della Società Italiana di Pediatria (Sip). «I bambini con MIS-C, inoltre, hanno un’età media più elevata rispetto ai piccoli con malattia di Kawasaki» aggiunge.
È stato lo stesso team di reumatologia pediatrica, di cui il professor Taddio fa parte, ad aver condotto uno studio sulla malattia infiammatoria multisistemica manifestatasi tra i bambini che hanno contratto il Covid-19. «È importante saper riconoscere i segni, prestando attenzione ad alcune anomalie all’esordio che potrebbero suggerire quadri di patologia severa – aggiunge Taddio – per iniziare tempestivamente il trattamento».
Era il 24 aprile del 2020 quando il gruppo di studio di reumatologia della Società Italiana di Pediatria ha lanciato un sondaggio nazionale online, con lo scopo di arruolare pazienti con diagnosi di malattia infiammatoria multisistemica associata all’infezione da Sars-CoV-2. «Già durante il primo lockdown, numerosi bambini sono stati ricoverati con febbre molto alta: sembravano affetti da una “super” malattia di Kawasaki – racconta il professore -. Per questo, ci siamo immediatamente attivati per costruire un database nazionale che ci permettesse di studiare questa manifestazione clinica che, all’epoca, appariva del tutto inusuale».
Nello studio sono stati coinvolti 239 pazienti, 104 femmine e 135 maschi, di età compresa tra 0 e 17 anni, con una media di 7 anni e mezzo. «Di questi 239 pazienti, 93 (il 39,01%) hanno presentato, nei tre mesi precedenti al ricovero, almeno un sintomo compatibile con il Covid-19: febbre, tosse, dispnea, dolori muscolari, congiuntivite, diarrea, astenia, sintomi respiratori, raffreddore, polmonite, anosmia, ageusia, nausea, inappetenza e cefalea. Nella maggior parte dei pazienti – continua Taddio – era possibile risalire ad una pregressa infezione da Sars-CoV-2 o ad un precedente contatto con soggetto infetto».
Nella stragrande maggioranza dei casi l’esito della MIS-C è risultato benigno, nonostante nel 70% dei piccoli pazienti sia stato rilevato un interessamento cardiaco, (con miocardite nel 30% dei casi). «Non esistono trattamenti condivisi dalla comunità scientifica attraverso delle linee guida specifiche – dice il docente -. Per questo, la MIS-C è trattata con gli stessi farmaci utilizzati per la malattia di Kawasaki: le immunoglobuline e il cortisone. Laddove i pazienti non dovessero rispondere a queste terapie è possibile ricorrere ad un farmaco biologico capace di bloccare l’interleuchina-1, mostratosi molto efficace in un rilevante numero di casi».
Altrettanti incoraggianti sono pure i risultati ottenuti dai follow-up effettuati nel tempo: «Dai controlli a medio e lungo termine, a circa 3-6 mesi dalle dimissioni, anche i pazienti che hanno avuto delle complicanze della patologia, come quelle cardiache, sono risultati completamente guariti».
Per capire quale effetto possa avere Omicron, la variante del virus attualmente preponderante, sarà necessario raccogliere ulteriori dati, ma quelli studiati durante la circolazione delle Delta lasciano ben sperare. «Stando ai risultati di alcuni studi americani la variante Delta sembrerebbe avere minore capacità di indurre a malattia infiammatoria multisistemica. Una tendenza che sembra, dalle prime osservazioni, confermarsi anche con Omicron. Ovviamente, il merito è anche del vaccino che dal mese di dicembre è stato esteso pure ai bambini tra i 5 e gli 11 anni. Finora, infatti – sottolinea lo specialista -, non è mai capitato che un bambino vaccinato sviluppasse la MIS-C, né che un piccolo paziente con immunità naturale (guarito dal Covid-19), contraendo nuovamente il virus sviluppasse la patologia».
Lo studio italiano contribuirà ora ad una raccolta dati di respiro più ampio. «Il nostro prossimo obiettivo – racconta lo specialista – è di confrontare i risultati ottenuti dal gruppo di Studio di Reumatologia della Società Italiana di Pediatria con quelli degli altri Paesi Europei. Per farlo, tutte le ricerche condotte finora sull’argomento confluiranno su una piattaforma europea. Speriamo, già dalla prossima primavera – conclude il professore – di poter ottenere evidenze scientifiche basate su una casistica più ampia che ci consenta di migliorare ulteriormente diagnosi e trattamento».
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