Le regole dello psicologo: «Non usare i device poco prima di andare a dormire, concederne l’utilizzo in interazione con l’adulto, monitorare i contatti virtuali»
L’uso di tablet e smartphone nuoce alla salute di bambini e adolescenti. E se i genitori non sono capaci di proibirne l’utilizzo, presto, potrebbe pensarci il legislatore italiano. In Parlamento, infatti, è stata già presentata una proposta di legge che ne impone il divieto assoluto fino a tre anni e l’utilizzo a scuola dai 4 ai 12 anni.
Ma al di là di ciò che decideranno deputati e senatori nei prossimi mesi, un interrogativo sorge spontaneo: perché le mamme e i papà continuano a concedere l’uso di questi device ai propri figli, nonostante abbiamo la piena consapevolezza dei danni provocati?
«Per rispondere a questa domanda – spiega Carlo Lai, professore associato di Psicologia Clinica all’università Sapienza di Roma, membro del network di Psicologia Perinatale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio – è necessario distinguere l’utilizzo del tablet per finalità ludiche, che può essere concesso 20-30 minuti al giorno sotto la sorveglianza di un adulto, ed un uso che ha il semplice scopo di calmare il bambino o intrattenerlo mentre il genitore è impegnato in altre attività. Nel primo caso, siamo di fronte ad un impiego lecito. Per analizzare la seconda situazione decritta, invece – aggiunge lo psicologo -, potremmo dividere le motivazioni in due macrocategorie: una che riguarda la famiglia, un’altra che coinvolge l’intera società. Viviamo in un’epoca in cui, quasi sempre, lavorano entrambi i genitori e i momenti di totale ozio sono quasi inesistenti. Questo crea una sorta di senso di colpa nel genitore che lo rende incapace di dire di no, dando l’illusione che il suo atteggiamento possa creare una sorta di compensazione. Inoltre, sia noi che i nostri figli, siamo immersi, anche inconsapevolmente, in campagne pubblicitarie che promuovo così tanto l’utilizzo di smartphone e tablet da averlo reso “normale”».
Ciò che spinge un genitore, partendo da questi due presupposti, a cedere e concedere l’utilizzo del device è l’effetto che ne deriva: «Il bambino – sottolinea Lai – è più calmo, così concentrato da non richiedere la minima attenzione da parte dei genitori. Ovviamente, questa non è affatto una sana abitudine: il compito educativo affidato alle mamme ed ai papà è sicuramente oneroso, ma non per questo è lecito trovare delle scorciatoie, soprattutto se nocive per la salute dei nostri figli. Ma attenzione: pronunciare un “no” chiaro e deciso implica il doversi occupare del bambino, per tutto il tempo in cui avrebbe utilizzato il tablet, spiegandogli il perché di quel diniego». Magari insegnandogli attività manuali e necessarie che non tutti i bambini sono in grado di compiere: c’è chi è abilissimo nell’utilizzo dei cellulari di ultima generazione, ma non sa allacciarsi le scarpe. A sottolinearlo, la deputata del gruppo Rosalba De Giorgi che, presentando la sua proposta di legge sul divieto dei cellulari, ha citato una ricerca commissionata da una nota casa di software che realizza antivirus. Lo studio ha evidenziato che oltre il 50% dei bambini tra i 2 e i 5 anni sa come interagire con i giochi installati sul tablet, mentre solo l’11% è in grado di allacciarsi le scarpe.
Ad ogni modo, anche se la legge dovesse essere approvata, non vigerà il divieto assoluto. Le principali responsabilità ricadranno, sempre e comunque, sui genitori o su chi si prende cura di bambini e adolescenti. Ecco tre semplici regole per assolvere al meglio a questo difficile compito: «Uno: non usare i device poco prima di andare a dormire e nelle ore serali, ma preferire la mattina, al massimo il primo pomeriggio – consiglia lo psicologo -. Gli smartphone, e soprattutto i tablet che hanno uno schermo più grande, possono produrre dei danni psicofisiologici per la loro strema luminosità, come fatica ad addormentarsi o sonno frammentato. Regola numero due: concederne l’utilizzo non isolando il bambino, mentre il genitore si occupa delle proprie faccende, ma creando un’interazione tra l’adulto e il minore. Terzo: se si utilizza lo smartphone per navigare sui social, massima attenzione al comportamento del piccolo ed alle persone con cui entra virtualmente in contatto. In altre parole – conclude Lai -, device sì, ma mai per alleggerire il peso della responsabilità genitoriale».
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