Silvio Berlusconi è morto questa mattina all’ospedale San Raffaele di Milano, dove era ricoverato da venerdì. Aveva 86 anni e si trovava in ospedale per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo e che gli ha causato complicazioni, tra cui una polmonite
Silvio Berlusconi è morto questa mattina all’ospedale San Raffaele di Milano, dove era ricoverato da venerdì. Aveva 86 anni e si trovava in ospedale per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo e che gli ha causato complicazioni, tra cui una polmonite. La malattia di Berlusconi è la più frequente tra le sindromi mielodisplastico-mieloproliferative, caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti. Questa patologia è eterogenea e compare solitamente in età avanzata e che può presentarsi in una forma displastica, in cui prevalgono anemia e neutropenia, oppure in una forma proliferativa, con un numero elevato di globuli bianchi.
«I pazienti con leucemia, specialmente se in avanti con gli anni, possono sperimentare conseguenze negative associate alla malattia», ha spiegato qualche settimana fa a Sanità Informazione Fabrizio Pane, professore ordinario di Ematologia e Direttore di Ematologia e Trapianti presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatore presso l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (AIL). «Spesso quindi si verificano complicanze che possono compromettere le condizioni dei soggetti in cura», ha aggiunto.
Nel corso degli ultimi anni Berlusconi aveva avuto diversi problemi di salute e aveva anche subito alcune operazioni piuttosto delicate: tra le più recenti ci fu nel 2016 un intervento al cuore per la sostituzione della valvola aortica, e nel 2019 un’operazione d’urgenza per un’occlusione intestinale. Aveva comunque sempre mantenuto la guida del partito di centrodestra da lui fondato, Forza Italia, e alle elezioni del 25 settembre 2022 era stato eletto senatore, tornando in parlamento dopo nove anni di assenza.
«Attualmente conosciamo moltissime tipologie di leucemie e neoplasie del sangue, che si differenziano per incidenza, epidemiologia, diagnosi, prognosi e cura», ha detto Pane. «In generale sappiamo che le forme acute tendono a essere meno responsive ai trattamenti, specialmente nelle persone anziane, la cui efficienza di rigenerazione dei tessuti risulta ridotta rispetto ai soggetti giovani. In generale – ha continuato – le neoplasie del sangue costituiscono circa il 15 per cento dei tumori umani, ma alcune forme possono essere particolarmente rare». Alcune forme di leucemia, aggiunge il docente, sono associate a un tasso di insorgenza che aumenta con l’età.
«In termini generali i pazienti giovani sono più semplici da trattare rispetto agli anziani – ha sottolineato Pane –. Le motivazioni alla base di questa disparità dipendono in parte dal fatto che con l’aumentare dell’età l’organismo è meno responsivo alle terapie e allo stesso tempo la capacità di tollerare le terapie decresce in età avanzata. D’altronde è importante sottolineare che gli anziani sono associati a difese immunitarie più deboli e a una ridotta efficienza dei meccanismi di riparazione cellulare, il che influenza il tasso di successo di approcci aggressivi come la chemioterapia». Per le persone in avanti con gli anni, inoltre, i rischi associati alla chemioterapia possono variare dall’aumento della tossicità che si accumula nel midollo osseo fino al danneggiamento collaterale di altri tessuti, il che può provocare effetti imprevisti in altri sistemi di organi.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato