Leucemia mielomonocitica cronica. Questo è il nome della malattia che ha colpito Silvio Berlusconi, ricoverato in terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano. Si tratta della più frequente tra le sindromi mielodisplastico-mieloproliferative, caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti. Questa patologia è eterogenea e compare solitamente in età avanzata e che può presentarsi in una forma displastica, in cui prevalgono anemia e neutropenia, oppure in una forma proliferativa, con un numero elevato di globuli bianchi
Leucemia mielomonocitica cronica. Questo è il nome della malattia che ha colpito Silvio Berlusconi, ricoverato in terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano. Si tratta della più frequente tra le sindromi mielodisplastico-mieloproliferative, caratterizzata dall’aumento di una specifica popolazione di globuli bianchi: i monociti. Questa patologia è eterogenea e compare solitamente in età avanzata e che può presentarsi in una forma displastica, in cui prevalgono anemia e neutropenia, oppure in una forma proliferativa, con un numero elevato di globuli bianchi. «I pazienti con leucemia, specialmente se in avanti con gli anni, possono sperimentare conseguenze negative associate alla malattia», dice Fabrizio Pane, professore ordinario di Ematologia e Direttore di Ematologia e Trapianti presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatore presso l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (AIL). «Spesso quindi si verificano complicanze che possono compromettere le condizioni dei soggetti in cura», aggiunge.
«Attualmente conosciamo moltissime tipologie di leucemie e neoplasie del sangue, che si differenziano per incidenza, epidemiologia, diagnosi, prognosi e cura», dice Pane. «In generale sappiamo che le forme acute tendono a essere meno responsive ai trattamenti, specialmente nelle persone anziane, la cui efficienza di rigenerazione dei tessuti risulta ridotta rispetto ai soggetti giovani. In generale – continua – le neoplasie del sangue costituiscono circa il 15 per cento dei tumori umani, ma alcune forme possono essere particolarmente rare». Alcune forme di leucemia, aggiunge il docente, sono associate a un tasso di insorgenza che aumenta con l’età.
«In termini generali i pazienti giovani sono più semplici da trattare rispetto agli anziani – sottolinea Pane –. Le motivazioni alla base di questa disparità dipendono in parte dal fatto che con l’aumentare dell’età l’organismo è meno responsivo alle terapie e allo stesso tempo la capacità di tollerare le terapie decresce in età avanzata. D’altronde è importante sottolineare che gli anziani sono associati a difese immunitarie più deboli e a una ridotta efficienza dei meccanismi di riparazione cellulare, il che influenza il tasso di successo di approcci aggressivi come la chemioterapia».
Per le persone in avanti con gli anni, inoltre, i rischi associati alla chemioterapia possono variare dall’aumento della tossicità che si accumula nel midollo osseo fino al danneggiamento collaterale di altri tessuti, il che può provocare effetti imprevisti in altri sistemi di organi. «L’aspetto positivo – conclude Pane – è che negli ultimi anni abbiamo ampliato notevolmente le opzioni terapeutiche per i pazienti oncologici. La prognosi associata alle neoplasie del sangue sta migliorando significativamente in tutte le fasce d’età. Le immunoterapie, i farmaci a bersaglio molecolare e gli approcci intercellulari stanno modificando la storia clinica del trattamento dei tumori. Sebbene il tasso di successo sia ancora molto variabile, queste nuove prospettive fanno davvero ben sperare».
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