La Legge passa alla Camera con un’ampia maggioranza e arriva al Senato. Ma rimangono alcune voci critiche. La Presidente del corso di laurea di Medicina e Chirurgia de La Sapienza, Stefania Basile: «Testo frettoloso: ai medici non serve una legge per il consenso informato, meglio lavorare sulla cattiva informazione»
Superato con un’ampia e trasversale maggioranza di voti favorevoli (326 contri 37 voti contrari e 4 astenuti) l’esame della Camera, per la discussa legge sul Testamento biologico si aspetta ora solo il via libera definitivo in Senato anche se la strada sembra essere ancora piena di insidie.
Tra i punti centrali dell’impianto normativo – insieme all’accanimento terapeutico e l’abbandono delle cure – c’è il capitolo relativo a nutrizione e idratazione artificiali diventati «trattamenti sanitari» e per questo possono essere rifiutati e sospesi.
Molto importanti i passaggi legati al consenso informato («nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata», fermo restando che la volontà espressa dal paziente può essere sempre modificata) e le dat attraverso cui si delega un fiduciario «che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie». Senza trascurare i delicati aspetti legati a minori e incapaci («il consenso informato è espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore o dall’amministratore di sostegno, tenuto conto della volontà della persona minore di età o legalmente incapace o sottoposta ad amministrazione di sostegno») e poi la relazione tra medico e paziente: di fronte all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante, il professionista ed il suo staff «sono tenuti ad attenersi a quanto stabilito nella pianificazione delle cure qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità».
Altro punto fondamentale è quello della responsabilità dei sanitari: «Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciarvi. In conseguenza di ciò, il medico è esente da responsabilità civile o penale, – recita l’attuale testo legislativo -. Il paziente, di contro, non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alla buone pratiche clinico-assistenziali». Inoltre, «il medico non ha obblighi professionali» e quindi può rifiutarsi di staccare la spina. Questo, sostanzialmente, crea una sorta di obiezione di coscienza. Un ultimo accenno alle norme transitorie: «Ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o davanti a un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge».
Al Senato giunge, dunque, un testo che nonostante l’ampio consenso ricevuto alla Camera, continua a far discutere e ad alimentare un ricco dibattito mediatico pieno di contradditori anche tra i medici. Sanità Informazione aveva già tentato di intercettare l’orientamento del personale sanitario, nelle scorse settimane, attraverso un sondaggio che aveva rivelato che il 71% era favorevole ad una legge che legalizzasse l’eutanasia ma solo il 54% si era detto disposto a praticarla.
Le perplessità di molti medici sono state, però, espresse con particolare forza al convegno “Luci e ombre del fine vita” all’Istituto Sturzo di Roma.
«I punti più delicati – ha spiegato ai nostri microfoni la professoressa Stefania Basile, presidente del Corso di laurea in Medicina e Chirurgia della Sapienza, tra le relatrici del dibattito – sono quelli che sono stati annunciati per primi, cioè la velocità di aver scritto il Ddl senza interlocutori tecnici, o comunque degli interlocutori capaci, ed aver confuso un po’ troppi concetti insieme, per quel poco che ho letto. Si dà una visione del medico che ha bisogno di una legge per imparare ad essere capace di dare un consenso informato, e questo lo trovo un po’ strano, avvilente, soprattutto per noi che educhiamo studenti a fare questo, perché non ce lo deve dire una legge come cambiano i tempi: in questo mondo multimediale è impossibile pensare di non informare bene un paziente, anzi bisogna cercare di eliminare la cattiva informazione. Quindi credo che convegni di questo genere siano molto utile e ne avremmo bisogno di più».
Riconosciuta, invece, l’importanza della formazione, intesa soprattutto come ulteriore aggiornamento anche riguardo questa importante tematica: «Dare un incipit importante ad uno studente lo abitua ad informarsi in maniera costante. Quello che noi stiamo cercando di insegnare agli studenti – prosegue la professoressa Stefania Basile – è la continua informazione, attraverso lettura di riviste scientifiche o il vivere il sociale a tutto tondo. Il medico è una figura importante di tipo sociale, non soltanto professionale per la cura, ma l’essere così informati di tutto ti garantisce sia di parlare con tutti di qualsiasi cosa e di capire anche le varie esigenze. Quindi – conclude – sicuramente la vecchia generazione forse ha bisogno di questa spinta, ma i nostri giovani si sono in qualche modo veicolati a questo, e speriamo di esserci riusciti perché è un po’ difficile comunque adesso».
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