Medde (OdP Lazio): «Dopo anni di esaltazione dell’estetica è ora di concentrarsi sulla funzionalità del nostro corpo. Piacersi? Meglio accettarsi»
Si scrive body neutrality, si legge “accettare il proprio il corpo senza sforzarsi di amarlo”. È questa la new wave che sta spopolando sui social dopo essere stata proposta per la prima volta nel 2015 dalla life coach francese Anne Poirier, in contrapposizione alla corrente della body positivity sulla cresta dell’onda da ormai molti anni.
La body neutrality infatti, come ogni movimento, nasce in risposta alle criticità che un movimento precedente ha mostrato. Nel caso della body positivity, che in partenza era nata come un inno all’amore per le proprie fattezze, indipendentemente dalla loro conformità ai canoni estetici imposti, la problematica è legata al fatto che si tratta, in ogni caso, di una filosofia che impone un’attenzione eccessiva all’estetica corporea, che ha portato a un incremento dei disturbi del comportamento alimentare e a un ricorso massiccio agli interventi di chirurgia estetica.
E se è vero che amore e odio sono due facce della stessa medaglia, la ricetta che la body neutrality propone è, appunto, acquisire un atteggiamento neutrale rispetto alla propria immagine corporea, concentrandosi viceversa su ciò che il corpo può fare, sulla sua funzionalità. Sanità Informazione ha approfondito il tema con la psicologa Paola Medde, coordinatrice del Gruppo di Lavoro Psicologia e Alimentazione presso l’Ordine degli Psicologi del Lazio.
«Questa onda social della body neutrality ricalca in realtà uno strumento ben noto a noi addetti ai lavori – afferma la dottoressa – da tempo utilizzato nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare. In psicoterapia – spiega – il corpo nelle sue funzioni è denominato schema corporeo, mentre il suo apparire dà luogo al concetto di immagine corporea. Se la body positivity è sbilanciata verso questo secondo aspetto, la body neutrality fa da contrappeso concentrandosi sullo schema corporeo. La diffusione a livello massivo di questa corrente, anche al di fuori dall’ambito strettamente psicoterapeutico, potrebbe riuscire a mitigare il fenomeno dell’esaltazione della fisicità, che oggi ha preso una deriva estrema».
«La dimensione corporea è uno dei concetti più influenzati dal contesto sociale del momento. In questo senso la body neutrality – afferma la psicologa – si contrappone all’ideale sociale per cui il corpo debba essere considerato nei suoi canoni estetici, riconciliandoci con un’idea del nostro corpo che non tenga conto delle aspettative, nostre e del contesto che ci circonda, né che sia il risultato dello scarto tra quello che è e quello che vorremmo fosse, bensì accettandolo nelle sue manifestazioni di funzionalità».
«In sintesi – spiega ancora Medde – secondo la body neutrality la questione non è se il corpo è bello, grasso, magro, ma se riesce a compiere le sue funzioni. È una filosofia che sembra anche maggiormente orientata verso l’aspetto della salute, purché non se ne estremizzi il significato. Questa neutralità nei confronti dell’immagine corporea – sottolinea – potrebbe sfociare in trascuratezza nei confronti di alcuni segnali che il nostro corpo ci invia modificandosi, ad esempio un aumento ponderale eccessivo, che sono prodromici a possibili disturbi o patologie. La differenza – conclude la psicologa – sta nel non considerare quei segnali come indicatori di bellezza, ma come indicatori di criticità nel sistema di salute».
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