Il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto: «Nella stragrande maggioranza dei casi, chi soffriva di mesotelioma o altre malattie neoplastiche e asbestosi ed ha contratto il Covid-19 è deceduto. Necessario prevedere un piano di diagnosi e trattamento specifico».
Prima operatori sanitari e sociosanitari, poi ospiti e personale delle Rsa, in seguito anziani e soggetti con più patologie. Sono queste le prime categorie ad essere state inserite nel calendario vaccinale anti-Covid in Italia, definito dal piano strategico del ministero della Salute. «Nessuna priorità, però, è stata data agli esposti all’amianto – denuncia Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona Aps), fragilissimi da sia un punto di vista respiratorio che cardiovascolare. Per loro, questo vaccino rappresenta un vero e proprio salvavita. L’esposizione alle fibre di amianto crea uno stato infiammatorio, a prescindere dalla patologia correlata, che rende il soggetto generalmente più delicato e l’infezione da Covid-19 più aggressiva».
Nel 2019 circa 6 mila persone hanno perso la vita a causa di malattie asbesto correlate. «Nel 2020 il numero di esposti all’amianto deceduti è ben superiore all’anno precedente – sottolinea Bonanni -. Incremento correlato, senza alcun dubbio, alla circolazione del nuovo Coronavirus. Il Covid-19 – continua il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto – incide sugli stessi organi bersaglio delle fibre di amianto, dall’apparato respiratorio a quello cardiovascolare. Coloro che avevano contratto mesotelioma o altre malattie neoplastiche e asbestosi, che sono stati colpiti dal Covid-19, sono deceduti nella stragrande maggioranza dei casi. Al contrario, l’incidenza dei decessi è stata meno elevata tra chi soffre di malattie asbesto correlate diverse dal mesotelioma».
Per nessuno degli esposti all’amianto, a prescindere dalla loro condizione di salute, è stato predisposto un protocollo ad hoc. «Il nostro appello al ministro della Salute è stato reiterato – aggiunge Bonanni -. Riteniamo che sia necessario prevedere un piano di diagnosi e trattamento specifico per gli esposti all’amianto che contraggono il Covid-19. Le regioni, come il Friuli Venezia-Giulia, oppure l’Inps/Inail, hanno gli elenchi di coloro che sono stati riconosciuti esposti ad amianto, tra cui quelli intensamente esposti. E anche di coloro che sono affetti da malattie asbesto correlate, compresi i mesoteliomi (COR regionali che rispondono al ReNaM che è inserito nell’Inail). Attingendo a questi elenchi si potrebbero facilmente individuare i soggetti da inserire in un eventuale protocollo Covid».
Ad aggravare la situazione, l’insufficienza delle cure territoriali: «Sarebbe necessario istituire almeno un Centro regionale sanitario per amianto, per diagnosi e cura, in particolare mesotelioma, in ogni regione d’Italia. Lo scarso numero di strutture da un lato, e l’interruzione dell’erogazione di esami durante il periodo di lockdown, dall’altro, hanno ritardato molte diagnosi – dice il presidente dell’Osservatorio -. Anche le cure e gli interventi chirurgici necessari sono stati spesso rimandati, con un peggioramento delle condizioni di salute generale del soggetto».
La messa al bando dell’amianto è stata sancita dalla Legge 257 del 1992, fino al D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 e s.m.i. che raccoglie in maniera organica tutta la normativa in materia. «Eppure, in Italia ci sono ancora un milione di siti e micro-siti con amianto ed una conseguente alta incidenza di malattie da asbesto, patologie in continuo aumento. Spesso – conclude Bonanni – diagnosticate troppo tardi a causa della loro asintomaticità e dei lunghi tempi di latenza».
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