Secondo la bozza del Piano pandemico, con risorse insufficienti bisogna «fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio». Ecco cosa ne pensa il Presidente della Consulta Deontologica Nazionale della Federazione
Gli operatori sanitari sono «sempre obbligati, anche durante la crisi, a fornire le cure migliori, più appropriate, ragionevolmente possibili. Tuttavia, quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio». È quanto si legge nella bozza (definita «informale e destinata a raccogliere indicazioni e modifiche») del Piano pandemico 2021-23, che affronta anche la questione degli aspetti etici legati alla minaccia pandemica.
Un argomento molto delicato, quello dei medici che si sono trovati a dover scegliere quali pazienti ammettere in Terapia Intensiva e quali no a seconda del quadro clinico, e che era già stato affrontato in un documento congiunto elaborato dalla Federazione Nazionale Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri e dalla SIAARTI, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. Nel documento (recepito dal Comitato Centrale (ovvero l’organo di governo) della FNOMCeO a fine ottobre scorso) venivano ribaditi «i principi fondamentali dell’uguaglianza tra le persone e dell’equità dell’accesso alle cure, oltre che della coerenza di ogni decisione con i principi etici e le regole deontologiche della Professione medica», e spiegava che «occorre stabilire dei criteri, coerenti con i principi etici e con quelli professionali, che possano supportare il medico, qualora si trovi di fronte a scelte tragiche, dovute allo squilibrio tra necessità e risorse disponibili. E che possano garantire comunque al paziente i suoi diritti: dargli la certezza che non sarà abbandonato, ma sarà preso in carico con gli strumenti possibili, appropriati e proporzionati».
«In quella situazione – spiega a Sanità Informazione Pierantonio Muzzetto, Presidente della Consulta Deontologica Nazionale della Federazione – abbiamo preso delle posizioni estremamente importanti, per cui non crediamo che ci debbano essere dei fattori cosiddetti “non concorrenti” per dare un giudizio clinico. Qualunque atto deve essere fatto sulla base, per l’appunto, di un giudizio clinico che noi non vorremmo mai dover arrivare a porre». In un caso del genere si arriverebbe, secondo Muzzetto, ad un «clima da guerra», in cui «si sceglie chi vaccinare a seconda di chi deve andare a combattere al fronte».
Oggi, secondo il Presidente della CDN, si deve pensare che «la vita è sacra e va salvaguardata, sia nell’ambito di una valutazione clinica di ogni singolo caso ma soprattutto nell’ambito del rispetto della dignità della persona che ha necessità di continuare la propria vita». Detto questo, per Muzzetto «la bozza del Piano pandemico porta avanti un discorso nuovo che mi lascia qualche perplessità, perché mai ci aspetteremmo che succeda quel che in quel testo viene paventato. Credo dunque che il Governo sia in grado o comunque debba mettersi nella condizione che tutto ciò non accada mai. Lo dico non solo come medico ma anche come privato cittadino: mi auguro davvero che ciò non accada».
In definitiva, «quel che a noi interessa, dal punto di vista deontologico, è che sia salvaguardato il principio che tutti coloro che hanno necessità possano trovare un ristoro. Un vecchio detto latino diceva, in sostanza, “chiunque bussa alla porta deve ricevere risposta”. Per il resto – conclude Muzzetto –, staremo a vedere cosa ne verrà fuori. È chiaro che ogni atto politico che sia teso alla salvaguardia del principio della salute è assolutamente conforme alla filosofia del nostro Servizio sanitario nazionale che, guarda caso e per quanto lo si vituperi, resta il migliore al mondo».
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