I ricercatori: “I risultati dello studio sottolineano l’importanza di un intervento adeguato e di una ottimizzazione del trattamento nell’ottica di ridurre il rischio cardiopolmonare e prevenire le riacutizzazioni nei pazienti con BPCO”
Il rischio di eventi cardiovascolari nei sette giorni successivi a una riacutizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) può aumentare anche di 34 volte, a prescindere dalla gravità, con conseguenze potenzialmente molto gravi quando non opportunamente trattata. Un rischio che rimane elevato fino a un anno di osservazione. È il risultato dello studio Rwe Exacos-Cv, pubblicato sullo European Journal of Internal Medicine. “La BPCO colpisce 391 milioni di persone nel mondo e circa 3,3 milioni in Italia, i cui dati probabilmente sono sottostimati”, spiega Paola Rogliani, Ordinaria di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università di Roma Tor Vergata, Direttore UOC Malattie Apparato Respiratorio, Fondazione Policlinico Tor Vergata e co-autrice della ricerca.
“I risultati dello studio EXACOS-CV sono di grande valore perché confermano come il rischio cardiovascolare di un paziente con BPCO sia significativamente aumentato a seguito di una riacutizzazione, anche se moderata, sottolineando l’importanza di un intervento adeguato e di una ottimizzazione del trattamento nell’ottica di ridurre il rischio cardiopolmonare e prevenire le riacutizzazioni nei pazienti con BPCO”, continua Rogliani. Tra i trattamenti considerati, secondo i risultati di una post-hoc analysis dello Studio di Fase III Ethos, la triplice terapia con budesonide/glicopirronio/formoterolo fumarato, presentata al Congresso Ats (American Thoracic Society), è capace di ridurre del 20% il rischio di eventi cardiopolmonari.
La BPCO è una delle malattie respiratorie più comuni in Italia. In genere, colpisce gli over 35 anni anche se, nella maggior parte dei casi, viene diagnosticata a 50 anni circa. Le malattie dell’apparato respiratorio rappresentano la terza causa di morte in Italia. La BPCO è responsabile di circa il 50% delle morti conseguenti a malattie respiratorie. A livello mondiale si stima che sia destinata a divenire la terza causa di morte nel 2020. “Molte persone che sviluppano i disturbi (sintomi) causati dalla BPCO non consultano il proprio medico perché, spesso, li considerano come tosse del fumatore” spiegano gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità sulla pagina web dedicata. La BPCO colpisce di più gli uomini ma è in aumento anche nelle donne. “È importante – continuano gli specialisti dell’Iss – che sia scoperta il prima possibile, in modo che la cura possa essere iniziata subito e si possa cercare di rallentare il deterioramento dei polmoni. Di solito, è accertata (diagnosticata) con la visita del medico curante e l’esecuzione delle cosiddette prove di funzionalità respiratoria (spirometria). Anche se il danno già verificato nei polmoni non può essere riparato, è comunque possibile rallentare la progressione della malattia. Smettere di fumare è particolarmente efficace per evitare il peggioramento della BPCO”
“I dati emersi dallo studio sono importanti anche dal punto di vista della medicina interna, in quanto sottolineano come il rischio di eventi cardiovascolari dopo una ospedalizzazione per BPCO, aumenti di ben 86 volte – aggiunge Francesco Dentali, Presidente Fadoi (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti), Medicina Interna presso l’Università dell’Insubria, Direttore Dipartimento di Area Medica Azienda Ospedaliera ASST Sette Laghi di Varese e co-autore dello studio -. Ne consegue – conclude – quanto sia di fondamentale importanza agire tempestivamente, prevenendo le ospedalizzazioni mediante una gestione e presa in carico adeguata e tempestiva del paziente, nell’ottica di migliorare la qualità della loro vita”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato