Tra gli obiettivi dell’iniziativa ISS-Ministero anche una mappa dei centri di diagnosi e assistenza al Long-Covid. «Il progetto ci aiuterà ad aumentare le nostre conoscenze sul fenomeno, base da cui partire per trattamenti più mirati, oltre che omogenei» spiega Graziano Onder (ISS)
Affanno, affaticamento, dispnea. E ancora cefalea, perdita di gusto e olfatto, disturbi d’ansia e del sonno. È il Long Covid, sindrome peculiare ed esclusiva del Covid-19, l’eredità dell’infezione da Sars CoV-2. Una serie di sintomi e sequele (fisiche, cognitive e neurologiche) che continuano – o emergono – dopo la fase acuta e nonostante la negativizzazione.
Le manifestazioni del Long Covid appaiono evidenti e colpiscono vari organi, giovani e adulti, sembra più le donne che gli uomini. E per monitorare gli effetti, accrescere le conoscenze e uniformare l’approccio e la gestione clinica a livello nazionale è nato il progetto finanziato dal Ministero della salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Si chiama “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione Covid-19” ed è stato presentato oggi nel corso del webinar “Long Covid: pronti a fronteggiare l’impatto presente e futuro della pandemia?”.
Il progetto coinvolgerà per due anni Enti di tre Regioni (Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Puglia) e ha cinque obiettivi specifici. Definire le dimensioni del fenomeno Long Covid, con un’analisi dei flussi regionali e dei MMG. Definire numero, caratteristiche e distribuzione sul territorio dei centri Long Covid (l’ISS effettuerà un censimento). Definizione di buone pratiche e protocolli diagnostici in tema Long Covid per uniformare i servizi in tutt’Italia. Costruire un sistema di sorveglianza e sviluppare una piattaforma informatica con workshop o webinar periodici di informazione e aggiornamento.
«Ormai sappiamo che se a distanza di quattro settimane dall’infezione e nonostante la negatività del test, i sintomi persistono – afferma Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS – ci troviamo di fronte ad una condizione che oggi viene inquadrata come Long Covid. Le conoscenze su questo sono tuttora oggetto di numerose indagini e in questa prospettiva di approfondimento va inquadrato questo progetto».
«Stanchezza, problemi di memoria e difficoltà a concentrarsi, perdita di olfatto e gusto, ma anche cefalea, stress e difficoltà cardio-respiratorie. Sono alcuni dei sintomi persistenti associati al Covid-19, anche a guarigione avvenuta – spiega Graziano Onder, Direttore del Dipartimento Malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’ISS e coordinatore del progetto – che fanno parlare di Long Covid. Non è ancora chiaro se tutto ciò sia conseguenza di un danno causato a monte dal virus contro questo o quell’organo, o dalla risposta immunitaria innescata sempre dal virus ma poi “deviata” contro organi e tessuti. Il progetto ci aiuterà ad aumentare le nostre conoscenze sul fenomeno, base da cui partire per trattamenti più mirati, oltre che omogenei».
In sei casi su mille, dopo il Covid, i bambini possono sviluppare una complicanza importante, la malattia multi-infiammatoria sistemica. E sviluppare manifestazioni a distanza, che vanno sotto l’ombrello del Long Covid, in una percentuale intorno al 6-7% dei casi. Gli esperti, ad oggi, non sono in grado di individuare quali sono i bimbi, in salute, che rischiano di più una forma seria di Covid. Forse perché l’esito della malattia è il risultato di tanti fattori. «Noi non sappiamo preventivamente qual è il bambino che morirà o andrà incontro a forme gravi di Covid – sottolinea Alberto Villani, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma nel corso del primo webinar multidisciplinare organizzato dall’ISS a cui ne seguiranno altri -. Oggi abbiamo 54 bambini ricoverati, 5 in rianimazione. Pochi giorni fa ne avevamo 90, 8 in rianimazione. È un virus con cui non si scherza, la vaccinazione deve essere fatta anche nei bambini. Nessuno può prevedere cosa accadrà il prossimo inverno, l’ideale è arrivarci tutti vaccinati».
L’impatto principale del Covid è respiratorio: lo è anche per il Long Covid? «La risposta è sì – aggiunge Luca Richeldi, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma -. La patogenesi è polmonare, il polmone è l’organo di entrata, uscita e a volte permanenza, del virus. La dispnea è un sintomo che resta quasi nella metà dei pazienti identificati al follow-up».
«È il MMG che ha in carico il paziente – evidenzia Ignazio Grattagliano (SIMG) – e sarà in grado di collegare la sintomatologia del Long Covid a un’infezione superata. Deve essere sempre considerato che il momento della negativizzazione non rappresenta, per alcuni, la fine della storia della malattia ma quello del manifestarsi di sintomi nascosti». Per gestire questi pazienti è necessaria «una formazione specifica di operatori e sanitari – continua – siamo impreparati, anche sulle riabilitazioni cardio-respiratorie, neurologiche e psichiatriche». A questo scopo «sarebbe utile pensare di creare un sito web con informazioni dettagliate e precise ma anche semplici con suggerimenti e consigli utili su come affrontare i disagi del Covid a lungo termine. I pazienti con sintomi da Long Covid non sono tutti uguali, è una condizione a volte fumosa. L’approccio ad un giovane deve essere diverso rispetto a quello al paziente anziano con comorbidità. Sono da prendere in considerazione nuove forme di presa in carico e di follow-up con interventi multidisciplinari in rete. C’è bisogno di istituire percorsi dedicati al Long Covid che includano accertamenti diagnostici e consulenze specialistiche in tempi brevi».
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